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88 | emilio salgari |
tato, voi lo vedreste quasi subito come cristallizzarsi, non interamente però, intendiamoci, poichè sotto, la materia ardente continuerebbe egualmente a scorrere.
— E questa lava, di che cosa è composta? Sembrerebbe pece mescolata a zolfo.
— Non entrano nè l’una nè l’altro nella sua composizione. Si è creduto che fosse una materia minerale fusa come il ferro, invece non è che un impasto di cristalli, talvolta così piccoli da non potersi discernere, e tal’altra invece grossolani.
— I vulcani ne eruttano molta di questa lava?
— Delle quantità enormi. Vi basti solamente sapere che il nostro Vesuvio, in una sola eruzione, ne vomitò quindici milioni di metri quadrati, del volume di circa settantatrè milioni di metri cubi.
— Tanta lava da fabbricare una città!... E mi hanno detto che i vulcani vomitano anche ceneri e massi enormi.
— Nell’eruzione del 1831 il Vesuvio mandò fuori tanta cenere, da coprire i tetti delle vicine borgate d’uno strato che variava fra i tre ed i sei metri.
— Perdinci! Una vera fortuna per le lavandaie!
— Non certo pei poveri contadini, però.
— Vi credo, dottore.
— Durante poi quell’eruzione, vomitò dei massi di dimensioni straordinarie. Ne fu trovato uno così grosso che venti buoi non riuscirono a smuovere.
— Quello ci voleva sulla testa di Simone.
— Dottore — disse in quel momento Michele. — Le lave ci hanno raggiunti.
— Bisognerebbe andarcene — disse Vincenzo.
— Le vôlte continuano a franare, mio caro. Non udite i massi che precipitano all’estremità della galleria?
— Come finirà tutto questo pandemonio? Comincio ad essere inquieto, dottore.
— Speriamo che il vulcano si calmi presto.
Quella speranza era molto problematica, poichè invece di tranquillarsi, pareva che quell’abisso rigurgitante di fuoco acquistasse maggior forza.
Tremende esplosioni si succedevano quasi senza interruzione, determinando nuovi e più pericolosi franamenti, mentre il suolo subiva, di quando in quando, delle oscillazioni paurose.
La lava aumentava sempre. Nuove ondate si accavallavano dinanzi alla spaccatura e si rovesciavano furiosamente attraverso la galleria, sovrapponendosi a quelle già raffreddate.
Vi era il pericolo, che alzandosi continuamente, irrompessero anche nella piccola caverna occupata dagli esploratori.
Il dottore cominciava a diventare inquieto. Bisognava assolutamente lasciare quel riparo e cercare di raggiungere lo sbocco della galleria, ma in qual modo? Le lave ormai avevano coperti i macigni che pote-