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42 | emilio salgari |
sangue in grande abbondanza, faceva sforzi disperati per sottrarsi ai denti acuti della fiocina, ma Michele e Roberto l’avevano lestamente afferrato per le due lunghe pinne e tenevano fermo, non ostante le scosse disordinate che subiva la leggera scialuppa.
Quell’abitante dell’oscura galleria, era uno di più grossi pesci-luna che i pescatori avessero veduto fino allora. Pesava non meno di settanta chilogrammi e difficile, se non impossibile, doveva essere l’impresa d’issarlo a bordo con una scialuppa così leggera e dai margini così poco solidi.
I pesci-luna sono abbastanza numerosi nel Mediterraneo. Sono senza dubbio i più stravaganti nuotatori dei nostri mari, non avendo nè squame, nè code, ed essendo forniti d’una specie di becco somigliante a quello di certi uccelli, specialmente dei nostri frosoni.
Veramente non mancano totalmente della coda, ma l’hanno così breve che quasi non si scorge, avendo specialmente la parte posteriore del corpo rotonda invece di averla allungata come negli altri abitanti delle acque.
Somigliano, per forma, ad un grande disco panciuto al centro e sottilissimo ai margini, fornito di due grandi pinne verso l’estremità posteriore, che sembrano quasi le pale di un’elica; la pelle di quel disco, che è lucidissima, color dell’argento, è irta qua e là di tubercoli, di callosità e di punte. La bocca poi è assai curiosa. I denti, che si scorgono benissimo, non sono coperti dalle labbra e sono formati da lamine d’una sostanza candida che somiglia all’avorio, i quali, unendosi, formano una specie di becco.
La carne di questi pesci è generalmente poco apprezzata, essendo grassa ed impregnata d’un odore poco gradevole; però viene egualmente mangiata dai pescatori.
Sotto i colpi furiosi di padron Vincenzo, il grosso pesce aveva cessato di dibattersi. Una grande macchia di sangue si allargava attraverso le acque fosforescenti, offuscando gli sprazzi di luce che proiettavano le meduse e le nottiluche.
Padron Vincenzo, aiutato dai due pescatori, faceva sforzi prodigiosi per issare a bordo la preda; però non vi riusciva in causa dell’estrema leggerezza della scialuppa. Vi era il pericolo che si rovesciasse, e non era prudente esporvisi in quell’oscuro canale, privo di approdi.
— Accontentiamoci di tagliarne un pezzo per la cena — suggerì il dottore. — Non vale la spesa di perdere tanto tempo per un boccone così poco gustoso.
Il pescatore seguì il consiglio. Armatosi d’una scure, tagliò un largo brano nella parte posteriore del pesce e lo gettò nella scialuppa, abbandonando il rimanente agli abitanti acquatici del canale.
Pochi istanti dopo Michele e Roberto riprendevano i remi, spingendo rapidamente innanzi la scialuppa. La galleria tendeva a cambiare. Non era più così larga come prima, nè così regolare. Le vôlte di frequente si abbassavano e mostravano qua e là delle sporgenze e delle fenditure, mentre le due pareti a poco a poco si restringevano.
Pareva che la galleria dovesse da un istante all’altro finire. Certa-