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i naviganti della meloria 163

— Che sia scoppiato il vulcano?

— Chi può dirlo?

— Toh! Un altro rombo!

— L’ho udito anch’io, Vincenzo.

— Questa cosa m’inquieta, dottore.

— Anch’io non sono tranquillo.

— Che debba succedere una catastrofe ora che siamo così prossimi all’uscita del canale.

— Confidiamo in Dio, Vincenzo.

In quel momento un rombo più forte, più intenso degli altri due, si fece udire negli strati sotterranei accompagnato da un lontano scoppio.

Alcuni pezzi di roccia staccatisi dalle vôlte del canale, piombarono in acqua sollevando delle piccole onde.

I quattro esploratori si guardarono l’un l’altro con ispavento.

— Corriamo il rischio di farci schiacciare — disse padron Vincenzo.

— Volete un consiglio, amici — disse il dottore.

— Parlate signor Bandi — dissero i tre pescatori.

— Torniamo indietro e senza perdere tempo.

— E dove andremo?

— A cercare un rifugio nel vascello. Temo che succeda qualche tremenda scossa.

— Saremo sicuri lassù? — chiese Roberto.

— Stupido! Forse che non v’è la stiva? Almeno il ponte ci difenderà dai macigni che possono cadere — disse Vincenzo.

— Andiamo, amici — disse il dottore. — Non perdiamo tempo.

I quattro esploratori diedero mano ai remi e tornarono precipitosamente, arrancando con furore.

I boati intanto continuavano, correndo da levante a ponente e dalla vôlta si staccavano sempre dei pezzi di roccia e frammenti di rivestimento.

Qualche pezzo, fortunatamente piccolo, era già caduto sulla zattera.

Cominciavano già a distinguere l’enorme massa della galea, quando un rombo più formidabile degli altri, scosse terribilmente le pareti del canale, facendole franare in alcuni luoghi. Un’onda spumeggiante, prodotta dall’inabissarsi di quei rottami, investì la zattera spazzandola da poppa a prora e spingendo in acqua Michele e Roberto.

— Per centomila merluzzi! — gridò Vincenzo, afferrando il dottore che stava per seguire i suoi compagni. — Stiamo per annegare tutti?

Afferrò il remo e lo spinse in acqua, gridando ai suoi compagni:

— Aggrappatevi!

— È inutile — risposero i due pescatori che si erano messi a nuotare verso il vascello.

Michele aveva trovato una fune che pendeva dal castello di prora e vi s’era aggrappato, gridando al compagno:

— Qui, Roberto, presto, saliamo.

Poi radunando le sue forze s’era messo ad arrampicarsi con un’agi-