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152 emilio salgari

L’entrata della galleria era quasi tutta ostruita dagli ammassi di carbone che la prima corrente aveva colà accumulati, però le acque s’erano aperti numerosi passaggi e si udivano a scrosciare al di là di quegli ostacoli.

— Mi sembra che qui si possa passare — disse padron Vincenzo, alzando la lampada più che poteva.

— Pare che verso la vôlta sia rimasto un po’ di spazio libero — rispose il dottore. — Volete che tentiamo di spingerci lassù o che cerchiamo il canale scoperto da Roberto?

— Preferisco passare per la galleria. Almeno sappiamo che conduce direttamente nel laghetto.

— Non cadranno questi ammassi di carbone?

— Se resistono all’urto delle acque non cederanno sotto al nostro peso. Spicciamoci, la luce della lampada comincia a scemare.

— È vero, dottore. Forza di gambe e di braccia!

— Aspettate che salga prima io, padron Vincenzo — disse Roberto. — Voi mi passerete la lampada.

Il giovanotto s’aggrappò a quegli ammassi di carbone misti a pezzi di roccia e sentendo che non si muovevano, cominciò ad innalzarsi.

— Si può? — chiese il dottore.

— Non vi è pericolo — rispose il giovanotto. — A me la lampada, padron Vincenzo.

Il dottore che si sorreggeva con grande fatica, trovandosi in mezzo ad un piccolo vortice che tendeva a tirarlo giù, con uno slancio poderoso si afferrò alla punta d’una roccia e si issò. Padron Vincenzo e Michele si erano già spinti presso Roberto.

Tutt’e quattro scalarono frettolosamente quella specie di trincea che oscillava sotto i loro piedi in causa della incessante spinta delle acque e raggiunsero la vôlta della galleria. Colà esisteva uno stretto passaggio, non tale però da impedire il passo agli esploratori. Si gettarono ventre a terra e strisciando come i serpenti lo attraversarono rapidamente scendendo la china opposta di quell’ammasso di carboni e di macigni.

Sotto si udivano le acque della fiumana a scrosciare fragorosamente. Si vedevano zampillare dappertutto, cadere, rimbalzare e riunirsi sul fondo della galleria diventata ormai un torrente impetuoso.

— Presto — disse padron Vincenzo, guardando con ansietà la lampada, la cui luce impallidiva sempre. — Fra pochi minuti rimarremo all’oscuro.

Il dottore pel primo, poi gli altri, si precipitarono nella fiumana lasciandosi trasportare dalla corrente.

In meno di dieci secondi la galleria fu attraversata.

— La caverna! — esclamò padron Vincenzo che non aveva abbandonata la lampada.

— Siamo salvi! — gridarono Michele e Roberto.

— Lasciamoci trasportare nel laghetto — disse il dottore.

Le acque si erano incanalate in una profonda squarciatura del suolo