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142 | emilio salgari |
— Non vedo brillare la sua lampada in alcuna direzione.
— Allora è morto.
— Non disperiamo ancora. La sua lampada può essere stata spenta dall’assalto delle acque, ma forse egli può essersi rifugiato su qualche rupe e forse può essere stato trascinato nel laghetto.
— E noi?
— Confidiamo in Dio, Vincenzo.
— Non abbiamo che una lampada, dottore.
— Lo so.
— E non durerà molto.
— È vero.
— Cosa faremo quando la luce verrà a mancare?
Il dottore non rispose. Si era seduto su uno spigolo della rupe e colla testa stretta fra le mani, guardava con ispavento le acque che continuavano ad alzarsi, muggendo cupamente.
Cosa fare? Cosa tentare? Come uscire da quella situazione che di momento in momento diventava sempre più grave? Erano proprio condannati a morire affogati entro quella tenebrosa miniera? Tutto lo faceva supporre a meno d’un miracolo.
Il fiume ormai uscito dal suo letto, continuava a riversarsi nella caverna, coprendo rapidamente le rocce più basse. La massa delle sue acque non trovando sfogo sufficiente attraverso la galleria che forse era stata in gran parte ostruita dai massi di carbone, rigurgitava violentemente, minacciando di invadere tutta la miniera.
Già gli ammassi di carbone che riparavano l’accampamento non si scorgevano più e l’acqua continuava a montare ancora, sempre muggendo cupamente attorno alla rupe che serviva di rifugio ai disgraziati esploratori.
Fortunatamente quella roccia, formata da una specie di calcare mista a carbone e forse a masse di ferro, era assai alta, almeno una dozzina di metri, toccando quasi la vôlta della miniera.
Sulla cima formava una specie di piattaforma capace di dare asilo ad una dozzina di persone.
Doveva trascorrere parecchio tempo prima che l’acqua potesse giungere fino lassù, ma non per questo doveva migliorare la situazione di quei tre disgraziati.
Tagliati fuori dal canale, cosa potevano ormai sperare? Come raggiungere il mare o la superficie della terra? E poi come vivere senza quasi provviste, non possedendo ormai che pochi biscotti?
Il dottore faceva fra sè tutte queste considerazioni, cercando inutilmente un mezzo per levarsi da quella tremenda situazione. Erano già trascorsi parecchi minuti, quando sentì una mano appoggiarsi bruscamente sulle sue spalle.
Alzò il capo e alla fioca luce della lampada vide sopra di sè padron Vincenzo.
Il viso del lupo di mare tradiva una viva emozione.
— Cosa volete Vincenzo! — gli chiese.
— Od io m’inganno assai o Roberto è ancora vivo — rispose il pescatore con voce tremula.