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i naviganti della meloria 131

— Mi sembra.

— Abbiamo delle torce in una delle casse, accendiamone alcune. La loro luce sarà sufficiente per illuminare l’uscita della caverna.

— Sbrigatevi — disse Vincenzo a Michele ed a Roberto.

La cassa fu tosto aperta ed essendo anche questa ermeticamente chiusa fu trovata perfettamente asciutta.

Due torce furono levate e accese e la luce venne proiettata, mediante due riflettori di nickel in direzione dell’uscita della caverna.

— Nulla — disse padron Vincenzo, che si teneva nascosto dietro uno degli scogli più avanzati.

— Pure al largo si ode ancora l’acqua a gorgogliare — disse Michele. — Non udite questi tonfi? Si direbbe che un remo batta la superficie del laghetto.

Roberto, che teneva le due torce, proiettò la luce in altra direzione. Allora fra la penombra, fu scorta a fior d’acqua una massa oscura, informe, che scivolava lentamente verso l’uscita della caverna.

Non potendo la luce giungere fino là, era impossibile sapere di che cosa si trattava, però non aveva certamente l’aspetto d’una scialuppa. Si poteva supporre che fosse piuttosto una zattera o qualche cosa di simile.

— I furfanti cercano di fuggire! — urlò padron Vincenzo balzando innanzi colla rivoltella in pugno.

— Ma io non vedo delinearsi alcuna forma umana — disse il dottore.

— Quelle canaglie sono più furbe di noi, dottore — gridò Michele. — Sono nascoste dietro quella massa.

— Alto là! — tuonò padron Vincenzo. — Arrendetevi o facciamo fuoco!

Una rauca imprecazione si alzò fra le nere acque del laghetto sotterraneo.

— Ve lo dicevo io che vi è qualcuno nascosto dietro quel galleggiante? — gridò Michele, volgendosi verso il dottore.

— Fermati! — tuonò padron Vincenzo.

Una forma umana, d’aspetto gigantesco, sorse improvvisamente dai flutti, issandosi sul galleggiante e tendendo la destra verso gli esploratori, urlò:

— Cani! Non avrete il tesoro! Vi ucciderò tutti!

Poi si precipitò nel laghetto sollevando una grande ondata, scomparendo agli sguardi attoniti del dottore e dei tre pescatori.

— Mille demoni! — gridò padron Vincenzo. — Lo slavo!

— Simone! — avevano esclamato il signor Bandi, Michele e Roberto.

Una voce lontana, che veniva dall’opposta estremità della caverna, rispose con tono di terribile minaccia.

— Sì, lo slavo Simone.

— Vieni qui, disgraziato — gridò il signor Bandi.

— No!

— Vuoi dunque la guerra?

— Vi ucciderò tutti! Il tesoro è mio! Guai a chi me lo toccherà.