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i naviganti della meloria 11

Simone Storvik impugnò la scure, l’alzò, poi percosse il cofanetto là dove si scorgevano le cerniere. All’urto, la grossa lama mandò uno sprazzo di scintille, poi si scheggiò in tutta la sua lunghezza, senza aver intaccato il metallo della cassetta.

— Per San Pietro in Nembo! — gridò il gigante furibondo. — A me un’altra scure!

— Perderesti inutilmente il tuo tempo, — disse il padrone — e guasteresti tutte le scuri di bordo.

— Eppure bisogna aprirla.

— L’apriremo.

— Ed in mia presenza.

Padron Vincenzo s’avvicinò al gigante e scuotendolo ruvidamente, gli disse con voce irata:

— Slavo!... Cosa vuoi dire?...

— Che questo cofano può contenere un tesoro e che io voglio la mia parte, padron Vincenzo.

— E tu mi crederesti capace di defraudarti! Bada, gigante perchè non ho paura di te, m’intendi, slavo! — gridò il lupo di mare scuotendolo furiosamente.

Poi volgendosi verso Michele che s’era collocato, assieme ai compagni, dietro allo slavo per atterrarlo al menomo atto di ribellione, gli disse:

— Nella mia cassa vi è qualche lima: tu Roberto va’ a prenderla.

Il marinaio sparve pel boccaporto di poppa ed alcuni istanti dopo ritornava tenendo in mano due lime ancora quasi nuove. Padron Vincenzo le prese e le gettò sdegnosamente ai piedi dello slavo, dicendogli:

— Apri quella cassa.

Il gigante ebbe un istante di esitazione.

— Apri quella cassa! — ripetè il lupo di mare, con voce tuonante. — Qui comando io!...

Poi mentre lo slavo si curvava e raccoglieva le due lime, padron Vincenzo si sedette presso la ribolla del timone e caricata flemmaticamente la sua vecchia pipa l’accese e si mise a fumare, senza perdere un solo atto del gigante.