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118 | emilio salgari |
— Dei massi di carbon fossile — rispose il dottore. — La miniera ha preso fuoco.
— Provocato dallo scoppio?
— Certamente, Vincenzo.
— Dunque quegli uomini avevano cercato un rifugio in questa caverna?
— Lo credo.
— Bisogna sbarcare e cercare i loro cadaveri.
— Vedo sulla nostra sinistra una spiaggia.
— Accostiamola, dottore.
Quantunque il fumo e le scintille invadessero la caverna turbinando, i quattro esploratori spinsero la scialuppa verso una spiaggia assai bassa, formata da massi neri che ai riflessi dell’incendio avevano dei luccichii d’argento. Dovevano essere dei blocchi di carbon fossile, almeno così la pensava il dottore.
Arenata la scialuppa, il signor Bandi e padron Vincenzo balzarono a terra portando con loro due lampade di sicurezza.
A pochi passi dalla riva s’alzava una parete gigantesca, nera, a riflessi argentei ed a righe biancastre disposte in zone orizzontali. Erano strati di carbon fossile divisi da quella specie di roccia che i minatori inglesi chiamano trapp, ma che non è altro che lava più o meno dura.
Osservata meglio quella parete, il dottore vide che al carbone erano mescolate anche delle masse metalliche che riconobbe subito per ferro.
— Ecco una miniera che può gareggiare con quelle più ricche dell’Inghilterra — disse. — Carbone e ferro! Cosa si potrebbe desiderare di più?
— È adunque una miniera mista — disse padron Vincenzo. — Io credevo che quelle di carbon fossile non dovessero contenere che combustibile.
— E lo si crede dai più, — rispose il dottore, — mentre invece i bacini carboniferi sono ricchi di metalli, specialmente quelli inglesi; si può dire anzi che si ricava maggior profitto dal ferro che dal carbone. Guardate attentamente intorno per vedere se trovate i disgraziati che hanno provocato lo scoppio.
— Vi è qui luce sufficiente per poter scorgere un accampamento, ma ho un bel guardare, non vedo nulla, dottore.
— Il carbone è franato ed in mezzo a quei massi vi può essere qualche cadavere.
— Cerchiamo, dottore.
Più innanzi lo scoppio del grisou aveva fatto crollare una parte delle vôlte, accumulando in vari luoghi degli enormi massi di carbone e di trapp. All’estremità della caverna poi erasi manifestata una grande squarciatura, e colà i carboni avevano preso fuoco su una estensione di una trentina di metri, formando un solco fiammeggiante, il quale bruciava lentamente, con un crepitìo incessante, gettando in aria nuvoloni di fumo nero, denso, impregnato d’un acuto odore di gaz, di zolfo e di bitume.