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10 emilio salgari

— Forse la cassa si era incastrata fra due scogli o fra i rottami di qualche nave.

— Ammettiamolo — disse padron Vincenzo. — D’altronde a noi preme di sapere cosa contiene.

— Dell’oro certamente — dissero in coro i marinai.

— Hum!... Lo vedremo, giovanotti.

Guardò se si poteva aprirla senza squartarla, ma s’accorse subito che senza spezzare le cerniere non vi sarebbe mai riuscito.

— A me una scure — disse.

Michele andò a prenderne una e gliela porse.

Il vigoroso lupo di mare alzò la pesante arma e la lasciò cadere, con grande impeto, sopra una delle cerniere. Malgrado la violenza del colpo resistette.

— È solida come una rupe — disse il padrone. — Oh! Diamoci dentro!...

Dopo sei colpi, uno più poderoso dell’altro, la cerniera fu spezzata, ed il coperchio si spostò. Dieci braccia lo afferrarono e lo strapparono, spezzando gli arpioni.

I marinai si curvarono tutti insieme, guardando ansiosamente nell’interno.

Un grido di stupore uscì da tutti i petti.

Quella cassa ne conteneva un’altra, assai più piccola, di forma arrotondata, in acciaio e di spessore considerevole, a quanto sembrava. L’umidità, penetrata a poco a poco attraverso le pareti della prima, aveva ossidato il metallo, senza però corroderlo.

Padron Vincenzo aveva subito afferrato quel secondo forziere, ed aveva fatto una smorfia.

— Addio tesoro — aveva mormorato fra i denti. — Se questo forziere fosse pieno d’oro o d’argento, peserebbe il doppio.

— E dunque, padrone? — chiesero i cinque marinai con ansietà.

— Io credo, ragazzi, che farete bene a rinunciare fin d’ora alla speranza di diventare ricchi — rispose il lupo di mare. — Qui non troveremo nemmeno uno zecchino della vecchia repubblica.

— Che cosa conterrà? — chiese lo slavo coi denti stretti per la delusione.

— Che ne so io? Forse qualche documento.

— Credete che si possa aprire questo forziere?

— Hum!... Mi pare che sia tanto solido da sfidare un piccone. Sarà necessaria una buona lima.

— Bisogna aprirlo, padrone — disse Simone Storvik.

— Aprirlo? Provati.

— Forse che voi volete consegnarlo alla capitaneria di Chioggia?

— Tale è la mia intenzione.

— Voi non lo farete — disse lo slavo, con voce minacciosa.

— E perchè? Speri ancora che vi sia un tesoro qui dentro?

— Che vi sia o no, la cassa ci appartiene, e l’apriremo noi.

— Lo vuoi? Prova a romperla, mio caro gigante — disse il padrone con voce beffarda.