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i naviganti della meloria 117

— Lo suppongo — rispose il dottore. — La terribile fiamma li avrà asfissiati di colpo e fors’anche carbonizzati.

— Cerchiamo almeno i loro cadaveri — disse padron Vincenzo, con voce un po’ commossa. — Quei poveri diavoli non ci hanno fatto nulla di male.

— Sì, cerchiamoli — disse il dottore. — Ai remi!... Ai remi!...

La scialuppa s’avanzava rapidamente, fendendo con cupo fragore le acque del canale.

Padron Vincenzo di quando in quando guardava dinanzi la prora per vedere se vi erano altri avanzi, qualche altro barile, qualche cassa o qualche rottame, e di quando in quando lanciava qualche chiamata.

Nulla, assolutamente nulla si vedeva, nè si udiva. Pareva che i disgraziati esploratori che li precedevano fossero stati veramente uccisi dall’esplosione del grisou.

Ad un tratto, ad una svolta della galleria, il pescatore scorse, nella parete meridionale, una grande squarciatura, dalla quale uscivano delle ondate di fumo nerissimo ed impregnato di quell’odore acuto che mandano i carboni fossili in combustione.

— Alt! — comandò.

— Un’apertura? — chiese il dottore.

— Una caverna, mi pare — rispose il pescatore.

— Che la miniera si trovi là dentro?

— Lo sospetto, signor Bandi. Ma... adagio... esce del fumo.

— Ed attraverso al fumo vedo dei bagliori rossastri — disse Michele, che era salito sul banco di prora. — Pare che vi sia del fuoco là dentro.

— Andiamo a vedere — disse il dottore. — Mi pare che lo squarcio sia abbastanza largo per lasciar passare la scialuppa.

— E non correremo il pericolo di saltare in aria? — chiese padron Vincenzo.

— Se vi fosse del grisou, a quest’ora sarebbe scoppiato.

— Ed il fumo non ci soffocherà?

— Se la respirazione diverrà difficile, torneremo indietro — disse il dottore. — Avanti, amici forse là dentro agonizzano quei disgraziati che hanno provocato lo scoppio del gaz.

— Andiamo a salvarli! — esclamarono i tre pescatori con nobile slancio.

Varcata la spaccatura, i quattro esploratori si trovarono entro una caverna che pareva dovesse avere delle dimensioni notevoli, poichè il fumo vi circolava liberamente, senza addensarsi.

Una luce sanguigna si scorgeva all’estremità opposta di quell’antro. Pareva che dei rigagnoli di lava scorressero attraverso a delle rocce nere come la pece.

Di tratto in tratto delle scintille salivano scoppiettando e, spinte da qualche corrente d’aria, venivano portate fino in mezzo al laghetto, solcando le tenebre come minuscole stelle.

— Cosa brucia laggiù? — gridò padron Vincenzo.