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106 | emilio salgari |
— Dottore! — esclamò in quell’istante Michele, abbandonando bruscamente il remo.
— Cos’hai? — chiese il signor Bandi.
— Non vedete delle ombre umane passare e ripassare dinanzi a quella vampata?
— Per centomila merluzzi! — gridò padron Vincenzo, balzando rapidamente in piedi. — Delle ombre umane?
Il dottore aveva raccolto il cannocchiale e lo aveva puntato in direzione della fontana ardente.
— Sì, vi sono degli uomini! — esclamò.
— Quanti? — chiesero i pescatori.
— Due.
— Potete scorgere i loro lineamenti?
— È impossibile perchè ci volgono le spalle e noi siamo ancora troppo lontani.
— Che uno sia quel cane di Simone? Guardate bene dottore! — disse padron Vincenzo.
— Non li vedo più ora.
— Che siano fuggiti?
— Forse possono essersi ritirati dietro qualche angolo roccioso che la fiamma non può illuminare.
— Bisogna cercare di sorprenderli, dottore.
— Li cercheremo: spegnete le nostre lampade.
— Perchè, dottore?
— Sono troppo visibili tra questa oscurità e se quegli uomini non vogliono lasciarsi accostare, scorgendoci, fuggiranno.
Padron Vincenzo con due soffi poderosi estinse le due lanterne.
— Avanti! — comandò poscia, afferrando il remo. — Vedremo con chi avremo da fare.
XIII.
La fontana ardente.
La scialuppa sotto lo sforzo di quei quattro remi s’avvicinava rapidamente all’imbocco della galleria, non essendovi ormai più alcun dubbio che si trattasse precisamente del tunnel del capitano Gottardi.
Alla luce di quella grande fiamma che s’allargava in forma di ventaglio, fugando le tenebre per un tratto vastissimo, il dottore ed i suoi compagni avevano potuto scorgere distintamente le prime vôlte del ca-