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102 | emilio salgari |
— È vero che certe scosse hanno rovinato delle città intere e uccise centinaia di persone?
— Delle regioni intere e delle migliaia di abitanti, Vincenzo. La nostra Italia, che è terra vulcanica, ha subìto dei tremendi disastri in causa di terremoti.
— Specialmente quella meridionale, è vero? — chiese padron Vincenzo.
— Sì, la Sicilia e la Calabria furono messe a dura prova dai loro vulcani. La provincia di Napoli in una sola volta perdette 30.000 persone, durante il terremoto del 1456, il quale rovesciò un gran numero di villaggi. Nel 1693 la Sicilia ne perdette 93.000 e moltissime migliaia la Calabria nel 1753.
— Devon esser state scosse tremende.
— Tali da sconvolgere il suolo. Nella piana di Calabria, per esempio si aprirono così numerosi crepacci ed avvennero tali franamenti da non riconoscere più il suolo. Figuratevi che si formarono duecentoquindici laghi che prima non esistevano, fra piccoli e grandi e che s’aperse un burrone lungo sedici chilometri.
«A Messina invece franò una montagna intera durante il terremoto del 1783 e calando in mare sollevò una tale ondata da annegare milleduecento persone che si trovavano sulla spiaggia.
— Un disastro! Deve essere stato un cavallone gigantesco!
— Anche i terremoti talora avventarono contro le spiagge delle ondate tremende.
— E durano molto le scosse? — chiese Roberto.
— Generalmente pochi secondi, però si sono avvertite delle scosse di durata maggiore. Quello delle Calabrie si dice che continuasse per due minuti. Toh! Un’altra scossa?
Una terza ondata era venuta a sfasciarsi contro le scogliere mentre nelle viscere della terra si udivano dei lunghi boati che parevano distendersi da levante a ponente.
Il dottore ed i tre pescatori, assai inquieti, temendo che anche le enormi vôlte di quella vasta caverna cadessero come quelle della galleria, s’erano alzati per essere pronti a fuggire. Pareva però che le massicce arcate di marmo fossero a prova di qualunque scossa, poichè fino allora nemmeno un sasso, od un frammento qualsiasi, s’era udito a cadere sulle acque del lago.
Per alcuni minuti il suolo continuò a oscillare ad intervalli di trenta a cinquanta secondi, turbando continuamente la superficie del grande bacino, poi tutto ad un tratto si udì, in direzione della galleria, uno scoppio così tremendo che parve dovesse crollare l’intera vôlta della caverna.
Il dottore ed i suoi compagni s’erano vivamente voltati da quella parte. Un grido di sorpresa ed insieme di terrore sfuggì dalle loro labbra.
Un getto di fuoco o meglio di lava, sbucava allora furioso fra una larga fenditura apertasi in una parete e balzava giù come fosse una cascata di bronzo fuso.