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100 | emilio salgari |
«Ah! Dottore!... Bisogna dire che siamo stati fortunati!...
— Lasciate stare la fortuna e accendiamo un po’ di fuoco. Vi confesso che muoio di fame.
— Al lavoro, cuochi!...
— Pronti, padrone — risposero Roberto e Michele.
— E levate anche una bottiglia — comandò il dottore. — Ce la siamo guadagnata.
— Allora mi ci metto anch’io — disse padron Vincenzo. — Per mille merluzzi!... Faremo un banchetto per festeggiare il nostro felice ritorno.
— Oh!...
— Cos’hai, Roberto?
— Ancora il fanale!...
— Vada al diavolo! Non possiamo occuparci di lui per ora. Orsù, preparate le pentole!...
XII.
I furori di un vulcanello.
Un’ora dopo il dottore ed i tre pescatori, seduti comodamente sulla sabbia finissima della piccola baia, si divoravano, con un appetito veramente formidabile, il pranzetto sotto l’alta direzione di padron Vincenzo.
A dire il vero non v’era molta varietà di piatti; però quei bravi lupi di mare avevano saputo fare de’ veri miracoli coi viveri che avevano a bordo della scialuppa e anche il dottore aveva fatto molto onore alla zuppa di piselli, allo stoccafisso fracassato colle cipolline, al prosciutto salato accomodato con fagiuoli, al tonno all’olio ed al formaggio salato.
Non mancò nemmeno il dolce, consistente in certe frittelle preparate da padron Vincenzo probabilmente di sua invenzione ma che però bene o male, furono cacciate giù in compagnia d’una bottiglia di autentico Valpolicella vecchio di dieci o dodici anni.
Avevano appena terminato quel pasto poco meno che luculliano pei pescatori ed avevano accese le pipe in attesa che il caffè fosse pronto, quando in lontananza udirono uno scoppio così tremendo, da far tremare perfino il suolo su cui si trovavano.
Le acque del lago, bruscamente scosse, s’alzarono ed una grande ondata, formatasi forse al largo, venne a rompersi, con cupo fragore,