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chi. Temo di aver fatto male a raccontare a quell’uomo lo scopo del nostro viaggio.

– Scusate, signor Held – disse il soldato – ma se devo dirvi il vero, quel malese non mi è affatto simpatico, ed anche quell’O’Paddy, sbucato non si sa da dove, sempre in conciliabolo misterioso con quel suo servo color pan cotto, non mi va a sangue. Sarà un buon marinaio, sarà un abile capitano, ma non mi sembra franco.

– Cosa ci consigliereste di fare?...

– Di sbarcare più presto che si può e guadagnare la foresta. Di là potremo sorvegliare i pirati, i quali non mancheranno di ritornare per saccheggiare l'Oregon, e sorvegliare pure O’Paddy ed il suo malese.

– E se O’Paddy ritornasse con un praho e ci invitasse a imbarcarci?...

– Eravate diretti a Timor?...

– Sì.

– Per affari?...

– Per raccogliere un’immensa eredità, una cinquantina di milioni.

– Diamine!... – esclamò il siciliano. – Cinquanta milioni! E quell’O’Paddy lo sa?...

– Glielo dissi ieri.

– Ecco un’imprudenza, quando non si conoscono le persone.

– Ma non li abbiamo in tasca.

– Comprendo, ma... cinquanta milioni... un uomo lo sa e conosce dei pirati... Hum!... Non ci vedo chiaro in questa faccenda, signor Held, e vi consiglio di sbarcare.

– Ma non abbiamo alcuna prova per dubitare dell’onestà di O’Paddy.

– È vero, ma quando si devono incassare cinquanta milioni, le precauzioni non sono mai troppe. Se quei pirati lo sapessero, potrebbero tentare un ricatto e farci tutti prigionieri. Signor Held, lasciamo questo rottame e senza ritardo.

– Ma non abbiamo più la scialuppa.

– Costruiremo una zattera; al lavoro, signore.

S’armarono di scuri e si misero ad abbattere le cabine della coperta ed i pennoni che avevan servito di sostegno delle vele. Amely e Dik li aiutavano trasportando il legname sul cassero, avendo deciso di