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72 | emilio salgari |
– Un momento, padrone: io ho veduto ancora quell’isola che sorge laggiù.
– Che sia quella di Maratua?
– No, padrone, quella è ben più grande... sì..., padrone... io conosco questa baia!... Guardate: non scorgete, lontano assai, quei monti che sono appena visibili?
– Sì, scorgo come una nebbia grigio-scura verso l’ovest.
– Sono i monti Kani-Ungang e questa baia è quella di Papan-Durian.
– Nella quale sbocca il Tanandurian?
– Sì, padrone.
– Allora non dobbiamo essere lontani da Lanton.
– Quel villaggio deve essere laggiù, verso il sud.
– Non bisogna che i nostri compagni lo sappiano o guasterebbero i miei piani.
Lasciarono la rupe, e calatisi sul ponte della nave, raggiunsero i compagni, i quali li attendevano fra vive ansie.
– Avete scorto nulla, signore? – chiese Held a O’Paddy.
– So dove siamo naufragati – rispose questi.
– Su una costa selvaggia?
– E delle più pericolose, signore.
– Da chi è abitata?
– Dai pirati della sultanìa di Semmeridan.
Il signor Held impallidì, gettando uno sguardo d’angoscia su Amely e su Dik.
– Credete che non vi sia alcun mezzo per raggiungere i possedimenti olandesi?
– Sono lontani, signore, e nè io, nè voi saremo capaci di attraversare questa immensa isola; però...
– Continuate, vi prego.
– Si potrebbe tentare di guadagnare Semmeridan.
– Cos’è questo Semmeridan?
– È la capitale del rajah di Koti.
– Ma m’avete detto che gli abitanti di Koti sono pirati?
– È vero, signor Held, ma se il rajah permette ai suoi sudditi di pirateggiare, quando a loro si presenta l’occasione, non molesta gli stranieri che giungono nella sua capitale. Con qualche regalo potrem-