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i naufragatori dell'«oregon» | 71 |
Essendo però assai inclinato sul babordo, i marosi salivano facilmente sul ponte, e taluni lo attraversavano con grande violenza, minacciando di spazzar via i naufraghi.
– Rifugiamoci sul cassero – disse il siciliano. – Se rimaniamo qui, qualcuno può venire trascinato fuori dal bordo.
Prese in braccio il giovane Dik, quantunque questi protestasse assicurando di non temere i colpi di mare ed approfittando del momento in cui le onde si rompevano contro gli scogli, attraversò la tolda e salì sul cassero che è situato a poppa. Held ed Amely, tenendosi per mano per non venire sorpresi da quei furiosi torrenti d’acqua, lo seguirono correndo.
Intanto O’Paddy ed il malese, aiutandosi l’un l’altro, erano riusciti a raggiungere la cima della grande rupe, la quale ergevasi per oltre quaranta metri. I loro sguardi si fissarono sulla costa che era lontana appena un mezzo chilometro.
Erano naufragati dinanzi ad una profonda insenatura, ad una specie di baia, ma che poteva anche essere la foce di qualche fiume. Grandi alberi, dei mangli, dei durion e delle arenghe saccarifere, si estendevano sulle alte sponde della baia, ma così uniti gli uni agli altri, da impedire di spingere gli sguardi entro terra.
– Conosci questa spiaggia? – chiese O’Paddy al malese.
– Interrogo la mia memoria, padrone. Si direbbe che questa baia l’ho visitata altre volte.
– Quando?
– Quando corseggiavo il mare. Che sia quella del rajah di Tongarran o... quella del... rajah di Semmeridan?...
– L’uno vale l’altro?...
– Se il bornese è ladrone, il bughiso non lo è meno.
– Pirati entrambi, adunque?
– E dei più formidabili.
– Possono servire ai miei progetti.
– A quali?
– A suo tempo lo saprai. Chi è il bughiso?
– Il rajah di Semmeridam.
– Lo preferisco al bornese: deve essere più avido.
– Ed è anche più potente e poi ho molte conoscenze e dei parenti laggiù.
– Scendiamo.