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i naufragatori dell'«oregon» 63


quantunque poche, relativamente alla sua massa, davano alla nave una certa stabilità.

O’Paddy, ritto dietro la ruota del timone, la dirigeva con mano sicura, cercando di farle evitare le ondate più grosse, che potevano inclinarla sul fianco squarciato.

Quell’uomo, quantunque fosse un birbante della peggiore specie, doveva essere un lupo di mare dei più valenti e dei più intrepidi, un marinaio nel più ampio senso della parola, deciso a tutto e pronto a tutto.

Il malese non si staccava dal suo fianco, pronto a surrogarlo o ad aiutarlo. Quell’individuo dalla pelle olivastra non pareva però gran che soddisfatto di quella manovra che doveva salvarli tutti poichè i suoi occhi neri, che avevano dei riflessi strani, quasi giallastri, tradivano una viva inquietudine.

– Padrone – disse ad un tratto. – Ma volete proprio condurre l’Oregon alla costa?

– Sì, malese mio.

– Non vi comprendo più.

– E perchè, furfante?...

– Non sarebbe stato meglio che costoro si fossero tutti annegati?...

– E come?...

– Lasciandoli imbarcare sulla zattera.

– Sei certo tu che la zattera sia andata a picco?

– Con quel mare!...

– Possono aver incontrata una nave, possono essere stati spinti verso Tawi-Tawi ed allora?... Se io li avessi lasciati imbarcare, chi mi avrebbe poi assicurato che si sarebbero annegati e che il mare avrebbe inghiottito i documenti?... No, malese mio, ho preferito tenerli presso di me, per privarli più tardi di quelle famose carte. Credi tu che quel dannato olandese m’avrebbe consegnate le rimanenti 900.000 lire, senza prima essere sicuro del fatto suo?...

– È vero, padrone.

– Bell’affare se un bel giorno avessi veduto comparire quell’Held ed i suoi protetti sani e salvi!...

– Ma cosa avete intenzione di fare?

Un sorriso sinistro sfiorò le labbra dell’irlandese.