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i naufragatori dell'«oregon» 59


– Nessuna: quei galleggianti non sono navigabili quando il mare è grosso. E poi, ho sempre avuto per principio di non abbandonare mai le navi prima di vederle sott’acqua e non ho mai avuto da pentirmene. È già la seconda volta che in tal modo salvo la mia pelle.

– Siete uno spagnuolo delle Filippine?

– No, signore, sono un siciliano, un antico pescatore di coralli, sbalzato qui da mille vicende per diventare poi un soldato delle truppe coloniali spagnole.

– Un italiano adunque!... Bravi uomini i vostri compatrioti e dovunque ricercati.

– È vero, signore – disse il siciliano, sorridendo. – Buoni soldati e valenti marinai.

– Ditemi, conoscete questo capitano O’Paddy?

– Non l’ho mai veduto.

– Ed il suo malese?

– Nemmeno.

– Vi sembrano uomini da potersi fidare?

– Li credo buoni marinai, quantunque i malesi siano persone sospette, in generale.

– Perchè?...

– Si dedicano alla pirateria. Lo so, essendo stato in parecchie isole della Sonda.

– È vero, ma... vi chiamate?

– Guglielmo Lando, signore.

– Credete voi, che dovete aver pratica di cose marinaresche, che quel colpo di sperone fosse accidentale?

– Ecco quello che ignoro e che forse ignoreremo per sempre. Però...

– Continuate – disse il signor Held, vedendo che il soldato esitava.

– Avrei voluto vedere l’equipaggio di quell’O’Paddy. Il mare di Sulù, come pure questo, non gode buona fama, ed a Manilla ho udito raccontare che delle speronate ne hanno date altre i legni corsari, per fare dei grossi bottini. Non intendo con ciò far cadere dei sospetti su quel signore.

– Grazie, amico. Speriamo che tutto finisca bene.

L’olandese ritornò presso i suoi protetti, mentre il soldato si arrampicava nuovamente sul suo osservatorio.