Pagina:Salgari - I naufragatori dell'Oregon.djvu/41


i naufragatori dell'«oregon» 37

CAPITOLO V.

I traditori.


La speronata della carcassa a vapore era stata così tremenda, che di primo colpo aveva rovesciato l’Oregon sul tribordo, ma poi la nave si era piegata bruscamente sul fianco ferito, imbarcando acqua in così grande copia, da temere che da un istante all’altro andasse a picco.

Una confusione indescrivibile era avvenuta a bordo, subito dopo l’urto. I passeggieri, svegliati bruscamente da quel cupo rimbombo e dallo scoppio delle caldaie del Wangenep, si erano lanciati attraverso alle corsie semi-nudi, mandando urla di terrore e si erano rovesciati sul ponte all’impazzata, travolgendo con loro l’equipaggio e gli ufficiali.

Mille domande si incrociavano a prua, a poppa, sulla tolda, sul cassero, sul castello:

– Cos’è accaduto?...

– Sono scoppiate le caldaie?...

– Andiamo a picco?...

– Sì!...

– No!...

– Alle scialuppe!...

– Si salvi chi può!...

– Capitano!...

– Aiuto!... Aiuto!... Affondiamo!...

Il comandante dello steamer, pallido, col cuore stretto da un’angoscia inesprimibile, si era lanciato giù dal ponte di comando, seguito dagli ufficiali di quarto e dai timonieri. La sua voce energica, squillante, tuonò fra tutte quelle grida.

– Calma, signori!... L’Oregon non affonda ancora.

Poi respingendo i passeggieri che gli si affollavano addosso, gridò:

– A me, marinai!...