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i naufragatori dell'«oregon» 31


– Quanti ne avete arruolati?

– Sei ed il mio malese fanno sette.

– Sono tagali?

– No, signore, sono tutti dell’isola di Mindanao.

– Pirati, allora.

– O poco meno.

Il signor Wan-Baer estrasse un magnifico cronometro d’oro, poi disse:

– Sono le sei: fra un’ora potrete partire.

– Sono ai vostri ordini.

– Andate a prendere i vostri arruolati.

– Ma la nave?

– È già sotto pressione.

– È a vapore?

– Sì.

– Meglio, signore: l’Oregon non mi sfugge più.

– Fra i vostri arruolati vi è qualcuno che s’intende di macchine?

– Due sono già stati fuochisti.

– Basteranno?

– Ci sono anch’io, signor Wan-Baer.

– Andate.

Poi, mentre l’irlandese s’allontanava, si volse verso uno dei suoi commessi che sorvegliava l’imbarco d’alcune merci su di una scialuppa e gli disse:

– Recatevi al cantiere, signor Bilbao, e dite ai miei marinai di condurre qui il Wangenep.

Un quarto d’ora dopo una nave a vapore di trecento o quattrocento tonnellate scendeva il Passig e s’arrestava dinanzi ai magazzini dell’armatore.

L’equipaggio che l’aveva condotta ed ormeggiata al molo, stava per discendere a terra, quando da una stradicciuola si vide uscire l’irlandese seguìto da sette uomini di colore.

Il primo era un malese, riconoscibile alla sua tinta olivastra, di statura bassa ma membruto, colle gambe corte, il viso piatto e contemporaneamente ossuto, gli occhi piccoli, il naso schiacciato, la bocca assai larga ed il cranio rasato e unto di recente con olio di cocco. Una larga cicatrice gli solcava il viso e un’altra gli attraversava il nudo petto.