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22 | emilio salgari |
stinte: quella spagnuola e quella indigena. La prima, che è fabbricata sulla sponda sinistra, comprende la cittadella, le caserme, i palazzi governativi, le grandi abitazioni dei ricchi, i collegi, le chiese, i monasteri e le fortificazioni.
Coi suoi grandiosi edifizi che hanno un’architettura cupa ed austera, veramente spagnuola, coi suoi immensi fabbricati anneriti dal tempo, colle sue strade erbose, colle sue mura e coi suoi bastioni circondati da profondi fossati, col forte di San Giovanni che ha un non so che di tetro minaccioso, ha l’aspetto malinconico e poco attraente, malgrado le lussureggianti campagne che la circondano.
Le sue case basse, ad un solo piano, per meglio resistere ai tremendi terremoti che di quando in quando scuotono quell’isola, sembrano sempre deserte, poichè sono chiuse per la maggior parte della giornata.
Non è che verso sera che la città dà segno di vita, quando i ricchi spagnuoli, comodamente sdraiati in bellissime vetture a due e perfino a quattro cavalli, escono dalle loro dimore per recarsi a respirare un po’ di brezza marina.
La seconda città, che porta il nome di Bidondo, è più gaia, più allegra, più rumorosa, e quantunque sia lontana dalla prima poche centinaia di passi, ha altra popolazione, altri costumi, altre usanze e manca assolutamente, nella fisionomia, di quella grave austerità propria delle antiche città spagnuole.
È là che abitano i tagali, i veri indigeni delle Filippine, i chinesi, i benestanti che non si possono adattare a rinchiudersi fra i bastioni dell’altra città, i grossi e i piccoli mercanti, gl’industriali e gli artieri d’ogni specie.
Colà poche chiese, pochissimi grandiosi fabbricati; la sola fabbrica di famosi sigari, nella quale lavorano migliaia di operai, torreggia. Invece una moltitudine di magazzini, di case basse coi tetti arcati coperti di tegole di porcellana screziate di giallo o d’azzurro di proprietà dei chinesi, di capanne e di tuguri, abitati dai tagali, d’alberghi, di trattorie e una fiumana incessante di persone, d’europei, d’americani e di asiatici d’ogni paese, di tipi e di colori diversi, di costumi svariati.
Si può ben dire che dei centosessantamila abitanti che popolano Manilla, i due terzi si affollano a Bidondo.
Nel 1872, cioè nell’epoca in cui comincia la nostra istoria, la capi-