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i naufragatori dell'«oregon» 19


– Li ruberete alle persone che li tengono od almeno cercherete ogni mezzo per farle seppellire in fondo al mare.

– Vi preme che quei documenti non possano più servire a quelle persone?

– Sì.

– E si potrebbe sapere che documenti sono?

– Sono carte che riguardano un testamento.

– Di chi?...

– Che v’importa, O’Paddy? Occupatevi a guadagnare il vostro milione e null’altro.

– Ma se quei documenti non potessi averli nelle mie mani?

Un cupo lampo balenò negli occhi del signor Wan-Baer.

– Avreste paura a commettere un delitto?... – chiese poi, con voce sorda.

Una ruga profonda si disegnò sulla fronte dell’uomo di mare. Stette zitto alcuni minuti guardando fisso fisso l’armatore, poi disse, crollando il capo:

– Bah!... Un milione vale bene un delitto.

Wan-Baer provò un fremito a quelle parole, poi disse:

– No... non voglio che si uccidano, ma... voi potreste internarle nel Borneo o nelle Celebes... farle schiave... che so io?... Ci penserete voi.

– A voi basta che quelle persone non vi diano fastidi: il mio compagno ha degli amici al Borneo e gli schiavi bianchi hanno del valore laggiù.

– Quanto vi occorre?... – disse Wan-Baer, che pareva avesse fretta di cambiare discorso.

– Non ho il becco d’un quattrino: il giuoco mi ha divorato tutto – disse O’Paddy, con rabbia concentrata.

L’armatore aprì un cassetto e gettò sul tavolo un fascio di banconote.

– Eccovi diecimila risdalleri – disse.

– Sta bene... grazie, ma... chi sono queste due persone che vi possono creare degli impicci? Bisogna che io le veda.

In quell’istante un colpo di cannone rimbombò al di fuori, dalla parte della baia.

– Sapete cosa significa questo sparo, signor O’Paddy? – chiese l’armatore, alzandosi.