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214 | emilio salgari |
CAPITOLO XXV.
Wan-Baer sorpreso.
Tre giorni dopo gli avvenimenti narrati, i naufraghi dell’Oregon s’imbarcarono su uno dei più grandi e dei più solidi prahos di Kara-Olo per recarsi a Kupang, la capitale della colonia olandese di Timor.
Il capo dei Dayachi-laut, Malù e un equipaggio di venti uomini li accompagnavano.
Ormai più nulla tratteneva gli uomini bianchi fra le foreste del Borneo; avevano invece fretta di raggiungere quella lontana isola per sorprendere quel furfante di Wan-Baer, quel cattivo cugino di Amely e del piccolo Dik.
Il praho, lasciata la foce del Koti, mise la prua verso il sud lanciandosi nello stretto di Macassar, formato dalla costa orientale del Borneo e da quella occidentale delle Celebes.
È questo un ampio braccio di mare che misura una larghezza di centosettantacinque a duecentoventicinque chilometri ed una larghezza di cinquecentosessanta, braccio di mare però assai pericoloso, poichè sovente vi scoppiano dei tifoni così formidabili che le navi non possono resistere alla furia del vento e all’impeto tremendo delle ondate.
Fortunatamente il tempo si manteneva buono ed il praho, colle sue immense vele spiegate, procedeva rapido come uno steamer, essendo il vento favorevolissimo.
Undici giorni dopo i naufraghi approdavano a Macassar, dovendo Kara-Olo rifornirsi d’acqua e di viveri, prima di intraprendere la traversata di quel grande spazio d’acqua chiamato mare di Giava impropriamente, ma che si potrebbe chiamare mare della Sonda, compreso fra le coste meridionali di Celebes e quelle settentrionali delle isole Flores, Sumbava, Lomblen ed Ombuai.
Macassar è una delle principali città dell’arcipelago della Sonda, appartenente agli Olandesi, i quali la chiamano invece Rotterdam.