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i naufragatori dell'«oregon» 207


– Attendere l’alba prima di partire, per lasciar tempo agli altri di raggiungerci.

– Chi?...

– I miei uomini che sono condotti da mio figlio.

– Degli altri soccorsi?

– Ho fatto armare cinquanta guerrieri, gli equipaggi di tre prahos e s’avanzano lentamente per sorprendere i tuoi nemici. Ho promesso di condurti in salvo ai messi di mio fratello, e lo farò.

– Ed accetti di condurci a Timor?

– Sì, poichè conosco quell’isola.

– Fissa la somma che ti dovrò dare.

– Mi darai invece dei fucili. Ne possiedo quindici e sarei il più felice degli uomini se potessi armare gli equipaggi dei miei tre prahos.

– Te ne daremo cento.

– Ah!... Ma allora diventerò invincibile e potrò sfidare, senza paura i prahos del Sultano di Semmeridam e quelli dei pirati malesi. Cosa potrò fare per te?

– Te l’ho detto, condurci a Timor.

– Ed il tuo nemico?

– Di lui non mi occupo: mi basta respingerlo.

– Mi hanno detto che è un cattivo uomo bianco.

– È vero.

– Allora lo uccideremo.

– Non ne vale la pena.

– Signor Held – disse il soldato – voi siete troppo generoso, ma io ho giurato di uccidere quella canaglia.

– Lasciate che vada a farsi appiccare altrove. Lando.

– No, signore, e farò il possibile per prenderlo e metterlo nelle mani delle autorità olandesi, se non volete lordarvi del sangue di quel traditore e di quel ladro.

– Non si lascerà cogliere, Lando.

– Chissà, signor Held.

– Vedo delle ombre agitarsi laggiù – disse Malù, avvicinandosi. – Che i nemici tentino un altro assalto?

– Peggio per loro – rispose il capo dei Dayachi-laut. – Coi nostri fucili e riparati da queste trincee, potremo resistere fino all’arrivo di mio figlio. Ognuno a posto di combattimento.