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i naufragatori dell'«oregon» 205


Proprio allora l’uragano scoppiava con grande violenza. La pioggia cadeva a torrenti, il tuono rullava furiosamente propagandosi dall’orizzonte occidentale a quello orientale con grande rapidità e lividi lampi illuminavano la notte. Raffiche violentissime, sature d’umidità, contorcevano i rami degli alberi con violenti crepitìi e strappavano ammassi di foglie, le quali turbinavano in tutte le direzioni.

Al grido d’allarme di Held, tutti i Dayachi erano balzati in piedi, tenendo in mano le loro cerbottane, e Dik ed il soldato si erano precipitati verso le trincee, tenendo le batterie dei fucili riparate sotto la casacca.

– Eccoli!... – gridò Held.

Un uomo era sorto a trenta passi di distanza, dietro ad un cespuglio. Il soldato ed il giovane Dik fecero fuoco simultaneamente.

Il nemico, colpito da quella doppia scarica, cadde. Urla furiose scoppiarono sotto i boschi, mescendosi ai ruggiti della burrasca, poi si videro trenta o quaranta uomini slanciarsi innanzi come una valanga.

– Tuoni!... – gridò il soldato.

L’olandese fece fuoco in mezzo al gruppo, mentre i Dayachi lanciavano una volata di frecce. Alcuni uomini caddero, ma gli altri continuarono la corsa.

Già non distavano che trenta o quaranta passi ed i Dayachi avevano impugnato i loro parangs-ilang per impegnare una lotta corpo a corpo, quando si udirono alcuni spari rintronare sul sentiero che conduceva al Koti.

Gli assalitori, presi alle spalle, s’arrestarono indecisi.

Il marinaio e Dik, che avevano ricaricati i fucili, approfittarono per abbattere due altri uomini. Urla acute, che venivano dalla parte del sentiero, vi tennero dietro.

– I Dayachi-laut!... – gridò Malù. – Siamo salvi!...

Degli uomini correvano attraverso agli alberi ed ai cespugli, agitando i loro parangs e sparando delle fucilate contro gli assalitori.

– In ritirata!... – tuonò una voce.

Held ed il siciliano mandarono un grido: entrambi avevano riconosciuta quella voce.

– O’Paddy!... – avevano esclamato.

Nel medesimo istante gli assalitori fuggivano disordinatamente sotto le cupe foreste.