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Ripartirono costringendo Dik a mettersi nell’amaca di Amely, per procedere più spediti. Malù, quattro guerrieri ed il soldato si erano spinti innanzi come avanguardia per esplorare il terreno ed evitare così una imboscata od un improvviso colpo di mano.

La sera però giunse senza che apparisse alcuna spia.

Quella notte s’accamparono con maggiori precauzioni. Attorno al campo costruirono una specie di barricata con tronchi e rami d’albero, ed alcuni uomini furono mandati ad imboscarsi ad una certa distanza. Per maggior precauzione non accesero i soliti fuochi per non attirare l’attenzione dei nemici, i quali forse ronzavano nei dintorni.

Quelle misure furono inutili, poichè nessun allarme venne a turbare il sonno di Amely e di Dik. Certamente i nemici si erano allontanati per portare a O’Paddy la notizia dell’avanzarsi dei naufraghi.

– Ci tenderà un’imboscata presso il fiume – disse Held, nel momento in cui si riponevano in cammino. – Quell’uomo non ci lascerà tranquilli, lo sento.

– Ho un’idea, signor Held – disse il soldato.

– Gettatela fuori.

– Il kampong non è lontano, ha detto Malù.

– È vero; vi giungeremo stasera.

– Io penso che se O’Paddy s’accorge della nostra direzione, farà il possibile per impedirci di giungere al villaggio dayaco.

– È vero.

– Se mandassimo a chiedere rinforzi al fratello di Sulinari?

– E noi attenderli qui?...

– Sì, al riparo di queste trince, che possiamo rendere anche più solide.

– L’idea mi sembra buona, Lando.

– I Dayachi possono passare inosservati e giungere a destinazione senza farsi sorprendere.

– Non perdiamo tempo.

Chiamarono il capo della scorta e lo informarono di ciò che avevano deliberato. Malù, che era un selvaggio perspicace, accolse la proposta, e scelti tre uomini dei più agili e dei più valorosi, diede a loro l’incarico di portarsi alla foce del Koti, consigliandoli a prendere tre diverse vie per non cadere tutti nelle mani di quei nemici.

Pochi minuti dopo i tre dayachi scomparivano sotto i boschi,