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i naufragatori dell'«oregon» 195


– Io seguo gli uomini d’oltremare, quantunque le mie armi siano inefficaci. Avete veduto l’esito della mia ladgia (freccia).

– È una convinzione falsa la tua, Sulinari.

– No, è protetta da Antu e da Buan quella tigre.

– Non importa: la uccideremo noi.

Ricaricarono le armi con grande attenzione per essere certi dei loro colpi, poi si lasciarono scivolare a terra, decisi a farla finita con quel pericoloso avversario.

L’alba spuntava. Gli astri impallidivano rapidamente e una luce già rosea invadeva rapidamente l’orizzonte orientale. I pennuti abitanti della foresta, le grandi cacatoe nere, i tucani dal becco gigantesco, i pappagalli ed i fagiani cominciavano a cicalare sulle più alte cime degli alberi, salutando l’astro diurno, mentre le scimmie riprendevano i loro volteggi sulle liane dei calamus.

I tre cacciatori attraversarono in silenzio lo spazio libero, e s’arrestarono sul margine della macchia.

La tigre non brontolava più, ma non doveva avere abbandonato il suo covo, poichè di quando in quando si vedevano le alte cime di un gruppo di bambù tulda ad agitarsi.

– Ecco le tracce di sangue – disse Held, mostrando alcune canne macchiate di rosso. – Ero certo di averla ferita.

– Allora può essere moribonda – disse il siciliano.

– È probabile. Avanti ed il dito sul grilletto.

S’inoltrarono nella macchia con precauzione, l’un dietro all’altro, scostando i bambù colle canne dei fucili, poi, udendo dei mugolìi vicini, s’arrestarono.

– Landò mettetevi alla mia destra – disse l’olandese – e tu Sulinari, alla mia sinistra. Non temete: la tigre è nostra e non opporrà molta resistenza, ma cercate di mirare con calma.

– Tuoni!... – esclamò il soldato. – La volontà io l’ho, ma i miei nervi ballano la tarantella, signor Held.

Continuarono la marcia, sempre con precauzione, allontanando lentamente le canne e giunsero in uno spazio scoperto. Colà si vedevano, ammucchiati alla rinfusa, dei carcami di animali, delle ossa spezzate e imputridivano degli avanzi di babirussa e di scimmie spargendo all’intorno un odore nauseante.

Ebbero appena il tempo di gettare uno sguardo su quell’ossario.