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190 | emilio salgari |
Proprio in quell’istante si udì a echeggiare, quasi all’opposta estremità del macchione, una nota breve, stridente, gutturale, una di quelle urla che non si dimenticano più quando si sono udite una sola volta.
– Tuoni!... – mormorò il soldato che provò un brivido.
– La tigre – disse l’olandese.
– È vero – confermò il dayaco, battendo i denti.
– Che sia sola o accompagnata? – chiese il siciliano.
– È stata veduta sempre sola – disse Sulinari.
– Deve essere una di quelle tigri che i bengalesi chiamano admi wala kanah – disse Held.
– Ossia?... – chiese Lando.
– Tigri solitarie.
– Sono più o meno pericolose?
– Le più formidabili, poichè sono prudentissime, conoscono i luoghi e le persone, assalgono le donne e i fanciulli di preferenza e sfuggono i cacciatori.
– Quelle che abitano quest’isola sono eguali a quelle indiane?
– Hanno le gambe più corte, sono più tozze e meno eleganti, hanno le basette meno sviluppate ed il pelo del ventre e delle cosce meno abbondante, ma invece più fitto e più lungo sul dorso. Hanno il muso più feroce, l’espressione degli occhi falsa, la lingua quasi sempre pendente e la coda sempre bassa. Forse sono più sanguinarie e più audaci di quelle che s’incontrano nelle Sunderbunds del Gange.
– Fortunatamente siamo alti, signor Held.
– Ma non tanto da essere al coperto da un salto. Io poi...
Un’altra nota più rauca, più stridente dell’altra, si fece udire, ma più lontana.
– La tigre se ne va – disse il soldato. – Che ci abbia fiutati?
– Ritornerà, ne sono certo – disse Held. – Prima batterà il bosco in cerca di selvaggina e se non ne trova, vedrete che cercherà d’avvicinarsi al nostro babirussa.
– E se non venisse?
– Andremo a scovarla noi. Ormai sappiamo che ha il covo in questo macchione.
– Tuoni!... È un’impresa che fa venire la pelle d’oca, signor Held.