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188 emilio salgari


– Nulla – disse poi – è ancora troppo presto e avremo il tempo necessario per scegliere un bel posto.

– Dove andiamo? – chiese Held.

– In quella foresta.

– È là che la tigre si nasconde?

– Sì, l’ho veduta parecchie volte.

– Andiamo.

– Non ci balzerà addosso improvvisamente, signor Held? – chiese il siciliano, che si sentiva un po’ sconcertato.

– L’odore di selvatico che tramanda ci avviserà del suo avvicinarsi.

– Avete cacciato ancora le tigri?

– Sì, a Giava ed anche a Sumatra.

– Ed io mai e vi confesso che il cuore mi batte forte.

– Vi credo: simili animali producono un certo effetto e la prima volta che ho dovuto affrontarli, anche il mio cuore non era tranquillo, ve lo accerto.

– Si dice che sono così feroci.

– È vero, ma vi dirò che non sempre assalgono l’uomo bianco.

– Forse che ci credono, come questi Dayachi ed in generale tutti i popoli selvaggi, di razza superiore?

– No, ma perchè sanno per prova che gli uomini bianchi hanno armi più potenti. Anche in India e nella Cocincina non assalgono quasi mai gli europei, mentre fanno stragi d’indigeni.

– Sono furbe le signore tigri.

– Lo sono diventate dopo la caccia spietata degli uomini bianchi.

– Silenzio – disse in quel momento Sulinari.

– Hai udito qualche rumore?

– No, ma la tigre può essere vicina.

Erano allora entrati in una fitta foresta, interrotta qua e là da macchioni di bambù che crescevano su terreni umidissimi. Era lì che la tigre doveva trovarsi, poichè questi feroci carnivori preferiscono le terre umide e le grandi macchie, ove possono celarsi e strisciare a loro piacimento e lanciarsi di colpo sulle prede che passano presso i loro covi.

– Alto – disse Held. – Mi pare che il luogo sia propizio all’imboscata.