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i naufragatori dell'«oregon» | 179 |
– Parla, sciagurato – disse Held.
– Bah!... È lontano ormai e non potrete raggiungerlo.
– Ma non eri rimasto coi pirati tu?...
– No, vi ho seguìti dopo il vostro incontro col padrone.
– Ma quale infame tradimento ordivate?
– Lo sa il padrone.
– Ma a quale scopo?...
– Che ne so io?...
– Tu lo sai.
– È probabile.
– Parla adunque.
– Se anche parlassi, i Dayachi non mi lascerebbero vivo – rispose il malese.
– E se cercassi di strapparti alla morte?...
– I Dayachi non acconsentirebbero. Io conosco questi uomini e non ignoro l’odio che nutrono verso la mia razza... E poi – aggiunse con calma e una noncuranza strabilianti – ho ucciso e devo subire la pena del taglione.
– Che audacia!... – esclamò il siciliano stupito. – Questi furfanti sono coraggiosi.
– O meglio, sono fatalisti – rispose Held. – Si rassegnano alle avversità del destino e senza nulla tentare per combatterle.
– Come i maomettani.
– Sono anche loro seguaci del Corano. Orsù, è inutile tentarlo: non parlerà.
Poi volgendosi verso Sulinari:
– Puoi concedermi la vita di quest’uomo?...
– È impossibile – rispose il capo. – La mia tribù reclama la sua testa ed i parenti dell’uomo che ha ucciso hanno già preparato le armi.
– Se ti offrissi una delle mie canne che lanciano fuoco e fumo, me lo cederesti?
Gli occhi di Sulinari ebbero un lampo d’ardente bramosia, ma subito si spense.
– Chiedimi tutto quello che vuoi ed io te lo darò, pur di avere una di quelle armi così potenti, ma non la vita di quell’uomo. Ormai è votato alla morte e Giaruwang, il dio della nostra tribù, potrebbe vendicarsi su di noi e distruggerci i raccolti.