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– Se cercassimo di ottenere da lui una scorta per giungere al Koti?...

– L’idea è buona – disse Amely.

– Si può fargli la proposta – rispose Held.

– Ho nella mia borsa tre mesi di paga – disse il soldato. – Gliela offrirei volentieri.

– Ne ho anch’io dei denari – disse l’olandese sorridendo – ma so che questi selvaggi fanno poco conto dell’oro e che sono disinteressatissimi. Quando intraprendono con dei malesi delle spedizioni, lasciano a quegli avidi predoni le ricchezze e si accontentano delle teste dei nemici.

– Si può offrire qualche fucile – disse Amely.

– Questo lo preferirebbe a tutto... toh!... Chi entra?... Ah! Sei tu, amico Sulinari?...

– Il malese è legato al palo e fra pochi minuti morrà – disse il capo, entrando. – Il mio popolo è ansioso di cominciare la danza guerresca.

– Signor Held – disse Amely – non potremmo salvare quel disgraziato?... Forse è meno colpevole del suo padrone.

– Lasciate che lo scortichino quel furfante, signorina – disse il siciliano.

– D’altronde le nostre preghiere sarebbero affatto inutili – disse Held. – Ha ucciso un Dayaco e deve morire.

– Io non assisterò alla sua morte, signor Held.

– Sulinari non ti costringerà, Amely. Questi selvaggi sono cavallereschi verso le donne e le rispettano forse più di certi europei. Dik ti farà compagnia.

Uscirono seguendo il capo e scorsero subito, solidamente legato al palo dei prigionieri, il servo di O’Paddy. Pareva ormai rassegnato alla sua sorte e guardava con alterigia i Dayachi che gli giravano intorno, facendo balenare dinanzi ai suoi occhi i pesanti parangs ed i kriss.

Il soldato appena lo vide gli si precipitò addosso col pugno alzato, gridando:

– Canaglia!...

– Adesso te ne sei accorto? – rispose il malese con un sorriso.

– Dov’è quell’infame di tuo padrone, pirata?

Aier-Raja alzò le spalle.