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176 | emilio salgari |
– Se cercassimo di ottenere da lui una scorta per giungere al Koti?...
– L’idea è buona – disse Amely.
– Si può fargli la proposta – rispose Held.
– Ho nella mia borsa tre mesi di paga – disse il soldato. – Gliela offrirei volentieri.
– Ne ho anch’io dei denari – disse l’olandese sorridendo – ma so che questi selvaggi fanno poco conto dell’oro e che sono disinteressatissimi. Quando intraprendono con dei malesi delle spedizioni, lasciano a quegli avidi predoni le ricchezze e si accontentano delle teste dei nemici.
– Si può offrire qualche fucile – disse Amely.
– Questo lo preferirebbe a tutto... toh!... Chi entra?... Ah! Sei tu, amico Sulinari?...
– Il malese è legato al palo e fra pochi minuti morrà – disse il capo, entrando. – Il mio popolo è ansioso di cominciare la danza guerresca.
– Signor Held – disse Amely – non potremmo salvare quel disgraziato?... Forse è meno colpevole del suo padrone.
– Lasciate che lo scortichino quel furfante, signorina – disse il siciliano.
– D’altronde le nostre preghiere sarebbero affatto inutili – disse Held. – Ha ucciso un Dayaco e deve morire.
– Io non assisterò alla sua morte, signor Held.
– Sulinari non ti costringerà, Amely. Questi selvaggi sono cavallereschi verso le donne e le rispettano forse più di certi europei. Dik ti farà compagnia.
Uscirono seguendo il capo e scorsero subito, solidamente legato al palo dei prigionieri, il servo di O’Paddy. Pareva ormai rassegnato alla sua sorte e guardava con alterigia i Dayachi che gli giravano intorno, facendo balenare dinanzi ai suoi occhi i pesanti parangs ed i kriss.
Il soldato appena lo vide gli si precipitò addosso col pugno alzato, gridando:
– Canaglia!...
– Adesso te ne sei accorto? – rispose il malese con un sorriso.
– Dov’è quell’infame di tuo padrone, pirata?
Aier-Raja alzò le spalle.