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166 | emilio salgari |
fattezze più regolari, e le loro donne godono fama di essere le più belle di tutto l’arcipelago della Sonda; i laut invece sono di tinta più chiara, di statura più elevata, ma più magra, e conservano qualche cosa del tipo malese, pur presentando alcuni tratti particolari.
Gli uni e gli altri sono più intelligenti delle altre razze e mostrano, in generale ed in modo molto marcato, il tipo mongolico, ed alcuni anzi somigliano assai agli abitanti della provincia meridionale della China, senza però avere gli occhi obliqui.
Si dice che siano leali ed onesti, non essendo stati corrotti, come gli altri popoli delle vicine isole, dal maomettismo, ma godono una pessima fama per le loro abitudini sanguinarie, e per questo vennero chiamati dagli inglesi, e con piena ragione, Head-hunters, ossia cacciatori di teste, e dagli olandesi Koppens-kueller, ossia schiacciatori di teste.
Sono i più arrabbiati collezionisti di teste umane che esistano sulla terra. Ogni nemico che cade in loro potere lo decapitano e conservano gelosamente quei tristi trofei, dopo averli seccati al sole, come testimonianza del loro valore, e più è ricca la loro collezione, più sono stimati.
La testa d’un nemico è il più notevole presente che essi possano fare alla fidanzata o alla moglie. Vi sono perfino delle donne che non si maritano senza quel lugubre regalo di nozze.
Per soddisfare quelle brame sanguinarie, i Dayachi sono perciò sempre in guerra coi popoli civili, specialmente coi Kajou, selvaggi bestiali, che non sanno coltivare, che non costruiscono fabbricazioni, che non conoscono né il riso, né il sale, che errano da soli unendosi di quando in quando colle femmine, che non riconoscono né fratelli, né sorelle, né padri, né madri, che si vestono con pochi pezzi di corteccia e che dormono sugli alberi.
È con quei disgraziati, che non posseggono armi difensive, che i Dayachi se la prendono per arricchire le loro collezioni. Li cercano come bestie feroci, imboscandosi nelle foreste più fitte per dei giorni interi, e allorché passano o li uccidono colle frecce avvelenate che lanciano colla cerbottana o schiacciano la loro testa con un colpo di clava o li decapitano coi loro formidabili parangs-ilang. Oltre le teste degli uomini, conservano pure, dopo averle affumicate, le teste dei mias, cioè dei grandi orang-outang, e vanno orgogliosi di quei trofei.
I Dayachi vivono in villaggi fortificati chiamati kampong o