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i naufragatori dell'«oregon» 135


– Quel macchione di canne enormi nasconde degli animali. Ho veduto le cime a muoversi.

– Che la tigre sia imboscata là in mezzo?... Fermiamoci presso questi alberi.

– Signor Held! – gridò Dik. – Guardate cosa si alza fra quelle canne!...

L’olandese alzò lo sguardo verso la direzione indicata e vide sorgere, fra i bambù tulda, una specie di braccio lungo e grosso, d’un colore grigio oscuro.

– Una proboscide! – esclamò.

– D’elefante? – chiese Amely.

– Sì, là in mezzo vi sono degli elefanti selvatici che pascolano.

– Oh, come sarei contento di vederli!... – esclamò il piccolo Dik.

– Ed io niente affatto, ragazzo mio.

– Sono pericolosi, signor Held?

– Talvolta sì.

D’improvviso, a breve distanza da loro, risuonò un fischio potente come un niff!... niff!... assai rumoroso. L’olandese trasalì, poi impallidì.

– Abbiamo un vicino più pericoloso degli elefanti – diss’egli. – Presto, mettiamoci fuori di portata del suo corno. Forse assisteremo fra breve ad un combattimento omerico.

Dietro di loro s’alzava un giovane albero della canfora, alto sette od otto metri, ma i primi rami erano bassi. L’olandese afferrò il piccolo Dik e lo alzò dicendogli:

– Presto, aggrappati ai rami e issati sul tronco.

Il ragazzo, che doveva essere famigliarizzato colla ginnastica, in quattro slanci si trovò al sicuro. Il soldato lo seguì, poi, allungando le robuste braccia, tirò su Amely; quindi, con un’agilità sorprendente per la sua età, salì l’olandese.

S’erano appena accomodati fra i rami, quando a trenta passi da loro videro uscire dalla foresta due animali di dimensioni enormi, i quali s’avanzavano con un’andatura brusca, ma contemporaneamente pesante.

Erano lunghi più di tre metri, alti uno e mezzo, di forme massicce. Avevano la pelle rugosa, irta di strane protuberanze, grossissima a giudicarla a colpo d’occhio, di colore oscuro e coperta di radi peli; la testa quadrangolare, col frontale arcuato e concavo, le orec-