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con albero con mille lacci e formando una vera rete gigantesca. Strisciano per terra, salgono fino sulle cime più alte degli alberi, discendono in spirali, descrivono curve capricciose, serpentine, circoli. Hanno un diametro di pochi centimetri, ma in lunghezza superano tutte le piante conosciute, poichè raggiungono perfino i trecento metri!... Fu però in mezzo a quell’ammasso di legami che Held trovò le sue piante che dovevano dissetarli.

– I nepenthes!... – esclamò. – Finalmente possiamo bere a sazietà.

– Ma dov’è quell’acqua? – chiese il soldato. – Io non vedo alcun stagno.

– Gli stagni o meglio i serbatoi stanno sopra le nostre teste – rispose l’olandese. – Guardate in aria!...

Il soldato, Amely e Dik, assai sorpresi, alzarono la testa e scorsero, intrecciati ai rotang, degli arbusti semiarrampicanti, le cui foglie avevano delle forme assai bizzarre. Parevano delle urne, verdi al di fuori, ma cogli orli d’una splendida tinta azzurrognola, semichiuse da una specie di coperchio.

Ve n’erano delle centinaia di quei vasi, alcuni posti molto in alto e ancora ritti, ma altri, che erano esposti ai raggi del sole, più bassi e semirovesciati.

– Cosa sono? – chiesero il soldato e Amely stupiti.

– Serbatoi della nepenthes distilatoria – rispose Held.

S’alzò sulla punta dei piedi e staccò delicatamente uno di quei vasi, porgendolo ad Amely.

– Alza il coperchio – diss’egli sorridendo.

La giovanetta cercò di piegare quella foglia che lo chiudeva, ma questa resistette.

– Rompilo – disse Held. – Il sole l’ha fatto abbassare e bisogna strapparlo.

Amely lo ruppe ed a suoi sguardi stupiti s’offrì, nell’interno di quella coppa, un liquido limpido, circa un mezzo litro.

– Puoi bere – disse Held. – È acqua: sarà un po’ calda a quest’ora, ma eccellente.

La giovinetta l’accostò alle labbra e bevette parecchi sorsi.

– Deliziosa! – esclamò il soldato, che aveva staccata una seconda coppa e che l’aveva vuotata avidamente. – Ci sono degli in-