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i naufragatori dell'«oregon» | 117 |
– Sono molto comuni in quella grande penisola – rispose Held – ed anche molto più rispettate che qui. I Dayaki, quando possono prenderle, non si fanno scrupolo veruno a metterle arrosto, ma gl’indiani si guardano bene di molestarle.
– E perchè, signor Held? – chiese Dik.
– Perchè gli indiani scioccamente credono che nel loro corpo si celi l’anima degli uomini morti. Per questo non osano toccarle e guai anche all’Europeo che si permettesse di ucciderne una; lo farebbero a pezzi.
– E non abusano della protezione che godono? – chiese Amely.
– Fin troppo, fanciulla mia. Quasi sapessero che sono ritenuti come animali sacri, i macachi si permettono ogni specie di birbonate. Entrano nelle botteghe a drappelli e saccheggiano il meglio ed il buono che trovano; si cacciano nelle case e mettono tutto sottosopra e rompono quanto credono.
– E gl’indiani non li scacciano?
– Sì, colle buone maniere li mettono alla porta, ma quei bricconi sono ostinati e appena i padroni escono, tornano al saccheggio.
– E non potrebbero portarli nelle foreste?...
– Una volta dei negozianti bengalesi, arcistucchi di vedersi saccheggiati, ebbero l’idea di sbarazzare le loro borgate da quei ladroni. Ne catturarono parecchi e fattili salire in parecchi carri...
– Nei carri!... – esclamò il soldato, scoppiando in una risata. – Potevano metterli nelle carrozze o pagare a loro un biglietto ferroviario.
– Non avrebbero ottenuto miglior successo, poichè quei macachi, quando furono fatti scendere in mezzo ad un bosco lontano trenta chilometri, si misero a correre dietro ai carri e rientrarono tranquillamente nella borgata.
– Se li avessero presi a bastonate non sarebbero più mai ritornati. Oh!... Oh!... Ecco una boscaglia che ci farà sudare. Mi pare di entrare in un labirinto di reti.
– Avremo da lavorare gagliardamente di scure, Lando!
Entravano allora in una foresta di rotang (calamus). Quella specie di liane che appartengono alla famiglia delle palme, che vengono adoperate come cordami e che sono poste in commercio sotto il nome di canne d’India, s’intrecciano in tutti i modi, legando albero