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i naufragatori dell'«oregon» | 115 |
CAPITOLO XIV.
I serbatoi d’acqua aerei.
Fra gli alberi era comparso uno strano animale, il quale s’avanzava con precauzione, volgendo la testa a destra ed a sinistra, come se temesse di venire improvvisamente assalito.
Era lungo circa due metri, dalla punta del muso alla radice della coda, alto, col capo assai grosso, che terminava in una specie di proboscide che accorciava ed allungava rapidamente, cogli occhi piccoli e neri, le orecchie accartocciate, il collo lungo e le gambe robuste e terminanti in quattro dita munite di piccoli zoccoli.
La sua pelle, che pareva assai grossa, era di colore bruno cupo, ma a mezzo corpo era invece bianca e coperta di peli corti fitti. Si avrebbe detto che portava una fascia di tela candida, mentre anche le parti posteriori erano di colore oscuro.
– Un animale feroce? – chiese Dik, che si preparava a puntare il fucile.
– No, è un tapiro – rispose Held. – Un essere affatto inoffensivo.
– Buono a mangiarsi? – chiese il soldato.
– Ha una carne così coriacea che quella della tigre, in confronto, è quasi migliore.
– Ma è a portata di fucile, signor Held – disse Dik.
– Lascialo andare per la sua strada, fanciullo mio. Una detonazione potrebbe attirare l’attenzione dei pirati.
– È vero – disse Amely. – E poi per ora non abbiamo bisogno di viveri.
– Piuttosto d’acqua – aggiunse il soldato.
– Si potrebbe trovarne seguendo quell’animale – disse Held. – Sono certo che si dirige verso qualche palude, ma forse è assai lontana e ci farà perdere molto tempo.
– Sono anfibi quei tapiri?