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104 | emilio salgari |
– Forse ci cercano.
– Venite!...
Entrambi strisciarono verso il margine della roccia e si trovarono sopra un abisso tagliato a picco. La costa, alta in quel luogo più di sessanta braccia, scendeva liscia come una parete, immergendosi nel mare.
Proprio sotto, l’olandese ed il soldato scorsero un canotto montato da alcuni uomini, il quale seguiva lentamente quella parete granitica.
Ad un tratto udirono una voce a dire:
– Ecco i rottami!
– D’una zattera? – chiese un’altra.
Il soldato urtò l’olandese.
– Conoscete questa voce? – gli chiese.
– Sì, è quella di Aier-Raja.
– Sei certo che siano rottami d’una zattera? – chiese il malese, dopo alcuni istanti.
– Sì.
– Allora sono sbarcati su questa costa.
– Così dev’essere.
– Domani li prenderemo: al vascello!...
E il canotto, virato di bordo, si allontanò rapidamente scomparendo fra le tenebre.
CAPITOLO XIII.
Tra le foreste del Borneo.
L’olandese ed il soldato, entrambi pratici della lingua malese, non avevano perduto una sola parola di quel dialogo. Ormai ne sapevano abbastanza delle intenzioni di quei pirati e soprattutto di quel malese, di quel servo del naufragatore dell’Oregon.
Non potevano più ingannarsi: quelle parole «domani li prenderemo» le avevano udite perfettamente, malgrado i sordi muggiti prodotti dalla risacca nel frangersi contro la grande scogliera.