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80 capitolo decimo


— Ah! Voi conoscete molto bene la preparazione del the?

— Ma... — disse Fedoro, sorpreso da quel continuo cambiamento di discorso.

— Come negoziante...

— Questo è vero.

— Ne troveremo da raccogliere in questa piantagione?

— Uhm! Ne dubito, capitano. La stagione è ancora troppo fredda.

— Mi rincrescerebbe, perchè la mia provvista è finita ed i cinesi non vogliono saperne di avvicinarsi a noi.

— In tutte le case se ne trova qui — disse Rokoff. — Mi hanno detto che il cinese rinuncia piuttosto al riso anzichè al the.

— E che cosa volete concludere?

— Che la prima fattoria che troveremo la metteremo a sacco, — rispose Rokoff. — Da noi si fa così, quando i soldati mancano del necessario.

— È vero, — disse il capitano, sorridendo. — Mi dimenticavo che voi siete cosacco. Signori è tardi e le nostre cabine hanno dei buoni letti.

— Andremo a dormire a bordo? — chiese Fedoro.

— Ah! Voi non avete ancora veduto l’interno della mia aeronave. Macchinista, una lampada.

— E vi fidate a dormire senza sentinelle?

— Chi volete che di notte vada a passeggiare sulle montagne? Andiamo, signori. —

Prese la lampada che il macchinista aveva acceso e condusse i suoi ospiti a bordo, facendoli scendere pel piccolo boccaporto situato dinanzi alla macchina.

L’interno dell’immenso fuso di metallo era disposto con cura estrema e anche con molto lusso.

Vi era un bellissimo salotto lungo quattro metri e largo quanto l’intera aeronave, due gabinetti da toletta, quattro cabine con soffici letti e un salottino da lavoro ingombro di carte geografiche e d’istrumenti di varie specie.

Le due estremità erano occupate dalle ghiacciaie riboccanti di viveri d’ogni specie e dalle macchine destinate alla riproduzione dell’aria liquida.

— Buona notte, — disse il capitano indicando a Fedoro e a Rokoff due cabine, l’una vicina all’altra. — Domani faremo una lunga volata al disopra del Gobi e andremo a pescare le trote nei laghetti del Caracorum. —