Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
la grande muraglia | 77 |
Questa gigantesca opera, che per molti secoli fu creduta immaginaria, è una delle più colossali e anche delle più meravigliose, perchè si estende ininterrottamente per ben seicento leghe, ossia per duemila miglia, attraverso a deserti, a steppe, a montagne e a fiumi dal largo corso, quali l’Hoang-ho, svolgendosi attraverso le più selvagge regioni della Mongolìa e del Kuku-noor.
Il primo Imperatore che ne concepì l’idea fu Tsing-chi-hoang-ti, il secondo della dinastia dei Tsin.
Vedendo succedersi le invasioni dei tartari, i quali ogni anno mettevano a ferro e a fuoco i confini dell’Impero, tutto distruggendo sul loro passaggio, ordinò di chiudere i passi pei quali quei bellicosi predoni entravano in Cina.
I Principi, che soffrivano assai da quelle scorrerie, ne imitarono l’esempio e la grande muraglia sorse, scorrendo attraverso regioni deserte e spingendosi perfino su monti quasi inaccessibili.
Vista dalla parte del territorio cinese, questa grande muraglia parrebbe una costruzione semplicissima di terra battuta, coronata da merlature e da torri; osservandola invece dal lato esterno si presenta solidissima, piantata su larghi basamenti di pietra che i secoli non hanno potuto ancora danneggiare.
In certi luoghi, reputati allora pericolosi, si innalza per venti e anche venticinque piedi ed è tanto larga che potrebbero avanzarvisi sei cavalli di fronte; ed in altri invece è molto più bassa.
In tutta la sua lunghezza è guardata da massiccie torri di forma quadrata e da fortezze nelle quali, ai tempi delle invasioni tartare, vi potevano stare perfino un milione di combattenti.
Oggidì però, che la Mongolìa è sottomessa all’Impero, la muraglia non offre più la compattezza d’una volta. Vasti tratti sono stati lasciati a rovinare e i posti di guardia sono rari, eccettuato nel tratto settentrionale, destinato a coprire la provincia di Pekino.
— Non credevo che fosse ancora in così buono stato, — disse il capitano, nel momento in cui lo Sparviero la superava, tenendosi a un’altezza di trecento metri. — Si vede che i cinesi erano maestri in fatto di costruzioni.
— E che torri poderose, — disse Rokoff, il quale guardava con viva curiosità quelle solide bastionate.
— Ma che soldati paurosi, — aggiunse Fedoro. — Vedo là alcune guardie che fuggono come se avessero le ali ai piedi. Queste non valgono i manciù di Tschang-pin. —
Un gruppo di montagne, non troppo alte e dai fianchi boscosi, si estendeva al di là della grande muraglia.