Pagina:Salgari - I figli dell'aria.djvu/88

74 capitolo decimo

più valorosi armigeri che vanti l’Impero, si erano schierati sulla cima d’un vecchio bastione, aprendo un fuoco violentissimo contro gli aeronauti.

Udendo le palle a sibilare, il capitano aveva dato ordine al macchinista d’innalzarsi. Due eliche, disposte orizzontalmente ai lati del fuso e che fino allora erano rimaste mascherate, coperte da tele impermeabili, si erano subito poste in movimento, raggiungendo ben presto una tale velocità da non poterle quasi più scorgere.

Lo Sparviero, aiutato anche potentemente dalle gigantesche ali che battevano affrettatamente, s’innalzò rapidamente raggiungendo in pochi minuti i millecinquecento metri.

Qualche palla si udiva ancora a sibilare, segno evidente che quei manciù facevano fuoco con armi perfezionate, ma non erano più da temersi, perchè l’alluminio del fuso era più che sufficiente per arrestarle.

— Vorrei dare una lezione a costoro, — disse il capitano. — Se non temessi di uccidere delle persone inoffensive, farei vedere a quegli insolenti di quali armi formidabili noi disponiamo.

— Vorreste gettare loro addosso qualche bomba? — chiese Rokoff.

Il capitano non rispose. Guardava attentamente un bastione che si trovava al nord della città, difeso da una grossa torre quadrata, sormontata da un tetto doppio e che pareva in parte diroccata.

— Non vi deve essere nessuno là dentro, — disse — giacchè è inservibile, la rovineremo del tutto. Macchinista: arresta la corsa.

— Avete anche della dinamite a bordo? — chiese Fedoro.

— Per che cosa farne? Non ho l’aria liquida a mia disposizione? Vale meglio del cotone fulminante e di tutti gli altri esplodenti finora inventati. Ora lo vedrete. —

Il capitano scomparve nell’interno del fuso, passando per un piccolo boccaporto che si apriva dinanzi alla macchina e poco dopo risaliva tenendo in mano un tubo di ferro che da un parte era aperto e che si univa ad un filo attaccato a un rocchetto.

Lo Sparviero, trovandosi ormai fuori di tiro, avendo attraversata tutta la cittadella, scendeva in quel momento con una certa rapidità, sorretto solamente dai suoi piani inclinati che funzionavano da paracadute.

Le ali e le eliche non battevano e non giravano più.