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i prodigi dell’aria liquida 71

o ventisei anni, di statura media, muscoloso e ad un tempo di taglia snella, colla pelle assai bruna, gli occhi nerissimi tagliati a mandorla e i capelli ondulati e biondissimi, che portava lunghi.

Dire a quale razza appartenesse, sarebbe stato molto difficile, perchè pareva che i lineamenti degli uomini del nord e del sud si fossero fusi in lui. Aveva del semitico, del greco, del romano e dell’anglo-sassone. Da quale paese dunque veniva? Che però appartenesse alla razza bianca, malgrado la tinta oscura della sua pelle, non vi era da dubitare.

— Non piegheremo verso l’ovest? — chiese Rokoff dopo d’averlo osservato con curiosità.

— Non per ora, — ripetè il macchinista in cattivo russo.

— Continueremo dunque la corsa verso il nord.

— Sì, signore.

— Allora andremo in Siberia.

— Non lo so, — rispose il giovane, quasi si fosse pentito d’aver detto troppo. — È il capitano che comanda.

— Eppure ci aveva detto di condurci in Europa, — insistette Rokoff.

— Se lo ha detto, manterrà la parola.

— È molto tempo che viaggiate? — chiese Fedoro.

— Molto e poco.

— Vale a dire?

— Che non lo so.

— Ecco una risposta strana. Non siete partito col capitano?

— Può essere.

— Non sapremo mai nulla da costui, — disse Rokoff in francese a Fedoro.

— Non devo parlare, tale è l’ordine — disse il macchinista nell’egual lingua e sorridendo.

— Ah! Voi parlate anche il francese! — esclamò il cosacco, confuso.

— Ed altre ancora, signore. Ecco Tschang-pin: la gran muraglia non è lontana.

— Faremo provare una gran paura ai cinesi.

— To! Che cos’è quell’immenso recinto brulicante d’animali? — chiese Rokoff indicando una specie di parco che si estendeva per miglia e miglia verso l’ovest.

— Una delle riserve dell’Imperatore — rispose Fedoro. — Ne ha parecchie nella provincia di Pekino.

— Vi sono migliaia di cavalli.