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68 capitolo nono

sono io? Il capitano dello Sparviero. Venite: ecco delle cose interessanti da vedere. Le tombe dei Ming! Un’altra meraviglia! —

Quello strano personaggio si era vivamente alzato dirigendosi verso la prora, dove la grande elica che serviva di rimorchio e fors’anche di direzione, turbinava velocemente.

Rokoff e Fedoro, che non si erano ancora rimessi dal loro stupore, stettero un momento seduti, guardandosi l’un l’altro, poi seguirono il capitano senza parlare.

Lo Sparviero si dirigeva verso una collina verdeggiante, sulla quale si vedevano biancheggiare delle strane costruzioni.

Sotto la pianura s’alzava gradatamente, coltivata a piante di gelso e di cotone, intersecata da torrentelli che parevano nastri d’argento e cosparsa di capanne di fango secco e di paglia.

Dei contadini di quando in quando apparivano fra i solchi e dopo un momento di stupore, fuggivano urlando come ossessi.

— Sapete come si chiama quella collina? — chiese il capitano ai suoi ospiti.

— No, signore, — rispose Fedoro. — Non sono mai andato oltre Pekino. Dopo la distruzione di Taku, la presa di Tient-tsin e l’entrata delle truppe europee nella capitale, l’uomo bianco non osa più inoltrarsi nelle provincie interne della Cina.

— È vero, — disse il capitano. — Gli europei e gli americani, colla loro grande spedizione, credevano di aprire per sempre le barriere cinesi ed invece le hanno chiuse più di prima. I boxer vivono ancora dovunque e la tremenda lezione non è bastata a calmarli.

— E quella collina? — chiese Rokoff.

— È la Scisan-ling, ossia dalle tredici fosse — rispose il capitano. — Là vi sono le famose tombe della dinastia dei Ming.

— E andiamo a vederle?

— Vi passeremo sopra. —

Si appoggiò al bordo e si rimise a fumare, tenendo gli sguardi fissi sulla collina che pareva si precipitasse incontro allo Sparviero con velocità straordinaria.

Intanto nelle vallette, all’ombra di gruppi di pini e di ginepri, cominciavano ad apparire numerose tombe, appartenenti probabilmente a ricchi personaggi od a principi. Quasi tutte avevano la forma di tartarughe gigantesche, portanti sul clipeo delle tavole di marmo piene d’iscrizioni con ai lati colossali leoni e chimere di bronzo o di pietra bigia.

Lo Sparviero, rallentata la corsa, dopo essersi innalzato