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62 | capitolo ottavo |
sulle terrazze e nelle gallerie si vedevano raggrupparsi donne manifestando il loro spavento con gesti disperati.
Forse anche l’Imperatore si era degnato di lasciare i suoi appartamenti per vedere quell’uccellaccio di nuova specie, che osava volteggiare sopra i tetti e gli alberi della città inviolabile.
— Capitano, — disse ad un tratto Rokoff, indicandogli un bastione sul quale si erano aggruppati parecchi soldati. — Si preparano a far fuoco contro di noi. Stanno puntando un pezzo d’artiglieria.
— Sono a mille duecento metri, — rispose l’aeronauta con voce tranquilla. — Spareranno male di certo, tuttavia prendiamo le nostre precauzioni. Avete veduto abbastanza la città gialla? Allora possiamo andarcene. Ehi, macchinista?
— Signore!
— Saliamo e aumentiamo.
— Subito, capitano. —
In quell’istante sul bastione si vide una nube di fumo attraversata da un getto di fuoco, poi si udì una detonazione.
Un sibilo acuto, che aumentava rapidamente, giunse agli orecchi degli aeronauti, poi si perdette in lontananza.
— Troppo bassa, — disse il capitano, senza perdere un atomo della sua calma. — Ero certo che ci avrebbero sbagliati. —
Lo Sparviero s’innalzava sbattendo vivamente le sue ali, le quali provocavano una forte corrente d’aria.
Salì fino a seicento metri, descrivendo una spirale, poi si slanciò innanzi colla rapidità d’una rondine e passò sopra gli opposti bastioni, dirigendosi verso il nord.
— Dove andiamo, signore? — chiese Rokoff, vedendo che lo Sparviero si allontanava dalla capitale.
— A far colazione per ora, — rispose il capitano. — La pianura di Pekino non ha nulla d’interessante per trattenerci qui. Più tardi vi sarà qualche cosa da vedere, prima di andarcene verso la grande muraglia.
— Ma la vostra direzione quale sarebbe? — insistette Rokoff.
— Il nord, rispose asciuttamente il capitano. — Macchinista è pronta la colazione?
— Sì, signore.
— Venite, — disse il comandante volgendosi verso Rokoff e Fedoro. — Suppongo che avrete fame.
— Come lupi a digiuno da una settimana, — rispose il cosacco. — Le razioni dei carcerati non sono abbondanti nelle prigioni cinesi.