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52 | capitolo settimo |
Anche Fedoro, che una bella collera bianca aveva reso furioso, non stava inoperoso.
Era già riuscito a strappare un paio di code e a spaccare il muso a un gran diavolo di mongolo, tirandogli addosso una scarpa.
Il carro però procedeva rapido verso il palco, urtando la folla e rovesciando i più accaniti. Il conduttore, temendo che i due prigionieri non giungessero vivi fino al palco, tanta era l’esasperazione del popolaccio, non badava a storpiare uomini e ragazzi.
Anche i cavalieri manciù non risparmiavano le piattonate e le puntate, pur di farsi largo e di sgombrare il passo. Sagravano come turchi, facevano impennare i cavalli e minacciavano di far uso dei moschetti.
Con tutto ciò, ci vollero non meno di venti minuti prima che il carro potesse giungere presso il palco, il quale era guardato da un doppio cordone di fantaccini. In un batter d’occhio la gabbia fu levata e venti braccia la spinsero fino sulla piattaforma, dove il carnefice, sempre impassibile, attendeva il momento di far uso della sua scimitarra.
Il coperchio fu subito levato e i due europei, nonostante la loro disperata resistenza, furono trascinati fuori fra le urla di gioia del popolaccio.
Mentre alcuni soldati tenevano fermi Rokoff e Fedoro, stringendoli brutalmente per la gola, altri legavano ai due disgraziati le mani dietro il dorso e le gambe.
Il cosacco però aveva ancora avuto il tempo di mordere crudelmente il braccio ad uno degli aguzzini, strappandogli ad un tempo un pezzo di stoffa e di carne.
— Assassini! Miserabili! — vociava. — Siamo innocenti! Vili! Ma la Russia ci vendicherà! —
Furono spinti in mezzo al palco, e dopo averli costretti ad inginocchiarsi, vennero lasciati soli col carnefice, il quale stava provando il filo della scimitarra.
— Fedoro... è finita, — disse Rokoff. — Fra pochi secondi ci rivedremo in cielo. Mostriamo a questi miserabili come sanno morire gli europei.
— Addio Rokoff, — disse il russo con voce commossa. — Perdonami di averti perduto.
— Taci... non parlare di ciò... la colpa è di queste canaglie... Ehi, carnefice, fa il tuo dovere e... —
La sua voce era stata improvvisamente soffocata da un