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gli orrori delle carceri cinesi 41


Era una trasformazione completa: i due europei erano diventati due cinesi e per di più dell’ultima classe.

Quando quei manigoldi ebbero finito, sollevarono violentemente Fedoro e Rokoff e li cacciarono a forza entro una gabbia di bambù, d’una solidità a tutta prova e così stretta da contenerli a malapena.

Quando Rokoff si sentì libero, mandò un vero ruggito. S’aggrappò alle sbarre e le scosse con furore, mentre dalle sue labbra contratte uscivano urla feroci.

— Banditi! Canaglie! Vi mangerò il cuore! Siamo europei! Aprite o vi uccido tutti! —

Erano vani sforzi. I bambù non si piegavano nemmeno, quantunque l’ufficiale, come abbiamo detto, fosse dotato d’una forza più che straordinaria.

Fedoro invece, accasciato da quell’ultimo colpo, si era lasciato cadere in fondo alla gabbia girando intorno sguardi inebetiti.

Intanto il cancelliere era rientrato tenendo in mano un cartello su cui si vedevano dipinte delle lettere contornate da geroglifici superbi. Lo mostrò per un momento ai due prigionieri, poi lo appese sotto la gabbia.

Fedoro era diventato orribilmente pallido e si era avventato contro le traverse come se avesse voluto strappare al cancelliere quel cartello che annunciava la loro pena.

Ed infatti aveva potuto leggere:


Condannati a morte perchè assassini.


Subito otto uomini avevano alzato la gabbia ed erano entrati in un’altra sala dove se ne vedevano parecchie altre contenenti ciascuna due prigionieri, ma molto più piccole, tanto anzi, che i disgraziati che vi erano rinchiusi non potevano fare il più piccolo movimento senza mandare urla spaventose.

— Fedoro, — disse Rokoff, che aveva gli occhi schizzanti dalle orbite. — È finita, è vero?

— Sì, se non interviene l’Ambasciatore russo.

— E oseranno ucciderci?

— Come cinesi.

— Perchè ci hanno vestiti così?

— Onde nessuno possa sospettare che noi siamo europei.

— E come ci faranno morire?

— Non so... ma ho paura e sento che divento pazzo!... —