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320 | capitolo trentaquattresimo |
vantacinque cartucce e i lupi non sono più di cinque o sei dozzine. Se volete, divertitevi, mentre io sorveglierò l’orso. Vi concedo un lupo ogni cinque palle.
— Cercherò di ammazzarne invece due su cinque colpi, — disse Rokoff, accomodandosi sul ramo, onde tirare con maggior attenzione.
I bighana non avevano lasciato la base dell’albero. Continuavano a saltellare, mordendo la corteccia della pianta e strappandola a larghi pezzi coi loro denti acuminati e robusti e ad urlare con tale fracasso da far rintronare la foresta. Di quando in quando alcuni si allontanavano in diverse direzioni e andavano a urlare cinque o seicento passi più lontano, su diversi toni.
— Chiamano altri compagni, — disse il capitano.
— Che sperino di rosicchiare l’albero fino a farlo cadere? — chiese Rokoff.
— Non temete; ci vorrebbero delle settimane per atterrare una simile pianta, che ha una circonferenza di due metri. Signor Rokoff, aspettano i vostri saluti. —
Il cosacco puntò la carabina mirando in mezzo al gruppo e sparò il primo colpo, facendo cadere due bestie nell’istesso momento.
— Ho nove palle di vantaggio, — disse ridendo.
— Continuate, — rispose il capitano. — Ah! L’amico che sta lassù comincia ad inquietarsi. —
Il labiato, udendo quello sparo e vedendo il fumo salire fra il fogliame, aveva ricominciato a dimenarsi, facendo scricchiolare i rami.
— Che ci cada addosso? — chiese Rokoff, guardando in alto.
— Non sarà così stupido da tentare un simile capitombolo, quantunque abbiano l’abitudine di precipitarsi da altezze considerevoli, allorquando si vedono in pericolo. Se non vi fossero sotto di noi i lupi, chissà, potrebbe tentare un simile salto.
— Senza fracassarsi?
— Pare che abbiano le ossa molto dure i labiati e posseggano una elasticità incredibile. Signor Rokoff, i lupi aspettano sempre.
— Eccomi! —
Il cosacco aveva ripreso il fuoco. Sparava con calma, mirando attentamente, come se si trovasse in un tiro a segno durante una gara e i lupi cadevano a uno e a due alla volta. Era davvero un valente bersagliere; di rado sbagliava l’animale che aveva scelto.