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attraverso il butan 315


Ordinariamente vivono in piccoli branchi di sette od otto individui; sovente si radunano in grosse bande e allora diventano il terrore dei pastori e dei villaggi montanini. Intelligenti, velocissimi, coraggiosi, si precipitano sui montoni e sui buoi senza spaventarsi delle grida dei mandriani e osano perfino entrare, in pieno giorno, nelle borgate per rapire i bambini sotto gli occhi dei genitori.

Il capitano, che li conosceva, vedendoli in così grosso numero, era diventato inquieto.

— Non credevo che in così poco tempo si fossero radunati in tanti, — disse a Rokoff. — Il pericolo maggiore non sta alle nostre spalle, bensì dinanzi a noi.

— Cerchiamo un rifugio, — disse Rokoff.

— E dove?

— Arrampichiamoci sul nim.

— E avremo da fare i conti coll’orso.

— Non sappiamo ancora se lassù si trovi veramente un tale animale.

— Questo è vero, — rispose il capitano.

— Dei due mali, scegliamo il minore.

— Proviamo prima a fucilare questi audaci predoni.

— Sono pronto, capitano.

Le due carabine tuonano quasi contemporaneamente con un rimbombo assordante, coprendo le urla acute dei bighana.

I grossi proiettili atterrano due file di animali. Gli altri indietreggiano vivamente, balzando attraverso i cespugli e s’arrestano cinquanta passi più lontano, riprendendo con maggior lena il loro scordato concerto.

— Non ci lasceranno, — disse il capitano. — Vedete l’animale a scendere il nim?

— No, — rispose Rokoffi. — Ho invece ricevuto un altro ramo sul viso e più grosso degli altri.

— Mettiamo in salvo le gambe; ecco i bighana che tornano a restringere le file e che si preparano per un assalto generale. Caricate la carabina.

— È già pronta.

— Salite, mentre io faccio una nuova scarica. —

Il cosacco si gettò a bandoliera l’express, s’aggrappò al tronco e aiutandosi con delle piante parassite che lo avvolgevano, si mise a salire, tenendo gli sguardi volti in alto per paura di vedersi rovinare addosso l’animale che si nascondeva tra i rami.