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attraverso il butan | 313 |
Si trovavano colà da un quarto d’ora, quando il cosacco si sentì cadere addosso un ramo, che lo colpì proprio sul naso.
— Chi mi bombarda? — si chiese.
— Qualche ramo morto che il vento ha spezzato, — disse il capitano.
— Non secco, signore, — rispose il cosacco, che lo aveva raccolto. — È verde e sembra che sia stato appena spezzato.
— Se vi fossero qui delle scimmie direi che qualcuna si è rifugiata su quest’albero, ma qui non se ne trovano. Le vedremo più abbasso, nelle pianure dell’Assam e del Bengala. —
Poco convinto che quel ramo si fosse spezzato da sè, Rokoff s’alzò guardando fra il fogliame del nim, senza riuscire a scorgere alcun che di sospetto.
— Non sta lassù la selvaggina, — disse il capitano, che si era pure alzato. — Udite le foglie a scrosciare? Qualcuno si avvicina. —
Un urlìo assordante, un misto di ululati e di latrati echeggiò in quel momento a breve distanza, nel mezzo d’una massa di cespugli che dovevano coprire le rive del torrentello.
— Chi sono questi concertisti scordati? — chiese Rokoff.
— Non fate fuoco, — disse il capitano, fermandogli il braccio e abbassandogli l’arma. — Non valgono una palla e poi non ci conviene spaventare la selvaggina.
— Pare che l’abbiano con noi.
— Ci hanno fiutati.
— Che cosa sono? Sciacalli forse?
— No, dei bighana, ossia dei lupi indiani un po’ più piccoli di quelli siberiani e dei russi, tuttavia assai coraggiosi, non esitando ad assalire anche l’uomo, quando si trovano in buon numero.
— Che vengano a seccarci?
— Non lo credo. Siamo in due e non oseranno farsi innanzi. Sarei però ben contento di fucilarli e di metterli in fuga. Questi bricconi terranno lontana la selvaggina.
— Facciamo una scarica.
— No, signor Rokoff, aspettiamo e... —
Un altro ramo era in quel momento caduto, colpendolo sulla testa.
— Diavolo, — esclamò. — Prima uno a voi, ora uno a me!
— Vi dico, capitano, che lassù vi è qualcuno che si diverte a bombardarci. Guardate: anche questo ramo è verde ed è stato appena spezzato perchè è ancora bagnato di linfa.