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un supplizio spaventevole | 299 |
Sulla cima della piramide, proprio sulla vetta, si vedevano Fedoro e Rokoff a dibattersi disperatamente e si udivano a urlare colla speranza di spaventare le aquile che giravano intorno a loro, pronte a dilaniarli coi robusti rostri e coi poderosi artigli.
I due disgraziati, che indossavano ancora le tonache dei monaci, erano legati a una specie di croce, l’uno accanto all’altro, sormontati da una bandiera di feltro bianco, su cui si vedevano dipinte delle lettere. Quindici o venti aquile volteggiavano ora sopra e ora intorno a loro mandando acute grida, sfiorandoli colle loro poderose ali per stordirli prima di cominciare a farli a pezzi vivi.
Entrambi si dibattevano disperatamente, cercando di far cadere la croce, ma erano legati così solidamente da non poter liberare nè le mani nè i piedi. Già un’aquila, più ardita delle altre, si era posata sulla cima della croce, pronta a spaccare il cranio del cosacco, che si trovava più vicino, quando comparve lo Sparviero, il quale aveva finalmente superato l’orlo della piramide tronca.
Contemporaneamente rimbombarono due spari e il vorace volatile, colpito in pieno, capitombolava al suolo.
Due grida era sfuggite ai disgraziati, che già credevano di sentirsi dilaniare, due grida di gioia suprema:
— Lo Sparviero! Il capitano! —
Poi seguirono una serie di detonazioni: era la mitragliatrice che tempestava le altre aquile, fracassando le loro ali o fulminandole sul colpo.
Lo Sparviero si era adagiato sulla cima della montagna e il capitano e lo sconosciuto, quantunque storditi, si erano slanciati a terra.
— Rokoff! Fedoro! — gridò il comandante, mentre il macchinista continuava a far tuonare la mitragliatrice per fugare i volatili sopravvissuti alla prima scarica e che non volevano decidersi ad abbandonare le prede.
— Per le steppe del Don e anche dell’inferno! — urlò Rokoff. — Liberateci, signore! Le canaglie! I miserabili! Andiamo a sterminarli tutti! Urrà per lo Sparviero. —
Il capitano, che aveva portato un coltello, s’arrampicò sulla croce e liberò entrambi dalle corde che li avvincevano.
Fedoro, assiderato, istupidito, mezzo asfissiato, si era subito abbandonato fra le braccia dello sconosciuto, borbottando con voce appena intelligibile: