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292 | capitolo trentaduesimo |
— Voi mi aspettavate! — esclamò. — Chi vi ha detto che io sarei venuto qui?
— I due figli di Budda caduti nel lago e che io avevo ospitato nel mio monastero. Voi siete il loro fratello, è vero?
— Sì... e li avete raccolti vivi? — chiese il capitano, con accento di gioia.
— Erano approdati qui, sotto la rupe.
— Conducetemi subito da loro, presto.
— Ahimè! — gemette il Lama. — Non sono più nel mio monastero. Il Bogdo-Lama di Dorkia me li ha portati via e non ho avuto il coraggio di resistere ai suoi ordini. Oh! Ma anch’io avrò un figlio di Budda perchè li surrogherete, anzi ne avrò tre e non li cederò, dovessi barricare le porte del mio monastero.
— Sì, noi rimarremo qui tutti, — disse il capitano, che aveva ormai compreso che i suoi amici erano stati creduti per esseri divini. — Prima però devo comunicare ai miei fratelli degli ordini datimi dal dio che impera nel nirvana.
— Volete recarvi al monastero di Dorkia?
— È necessario.
— Il Bogdo-Lama terrà anche voi prigionieri e non vi lascerà più.
— Sono prigionieri i miei fratelli?
— Sì, e guardati da centinaia e centinaia di monaci. —
Il capitano corrugò la fronte.
— È potente il Bogdo-Lama di Dorkia? — chiese.
— Comanda a tutta la regione, e se vuole può radunare parecchie migliaia di montanari.
— Credete voi che non lascerà in libertà i miei fratelli, se io andassi a reclamarli?
— No, perchè ormai su tutte le rive del lago si è sparsa la voce che due figli dell’Illuminato sono scesi dal cielo e se il Bogdo-Lama dovesse lasciarli in libertà perderebbe gran parte della sua celebrità. Sono certo che egli farà di loro due Budda viventi.
— La vedremo, — disse il capitano che aveva compreso persino troppo. — Quando avrò liberato i miei fratelli tornerò.
— Volete andarvene?
— Devo obbedire a mio padre.
— Io ve lo impedirò, — disse il monaco, con voce risoluta. — Ho perduto gli altri; tratterrò voi non volendo essere da meno del Bogdo-Lama.